GUERRA E SCUOLA. Anche nelle scuole reggine i minori ucraini in fuga dalla guerra

GUERRA E SCUOLA. Anche nelle scuole reggine i minori ucraini in fuga dalla guerra

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Anche la scuola pubblica reggina e calabrese, come il resto del nostro Paese, già provata da due anni di pandemia, è impegnata nella gestione dell’emergenza umanitaria connessa al conflitto in Ucraina, attraverso una campagna di accoglienza per i bambini e i ragazzi in fuga dalla guerra.

Anche in Calabria i profughi sono giunti in ordine sparso con vari mezzi. Si tratta, perlopiù, di gruppi familiari, di cui fanno parte molti minori, la maggior parte dei quali si ricongiungerà con i circa 1.600 connazionali che vivono già nella regione. Intanto sono più di un centinaio i profughi ucraini che sono arrivati negli ultimi giorni in provincia di Reggio Calabria e nelle aule scolastiche di istituti come le Scuole elementari “Falcomatà”, “Principe di Piemonte”, “Alvaro”,”Istituto comprensivo di Villa S.G.”, Scuole medie “Vitrioli” e”Gebbione” e Istituto superiore “Piria”, solo per citarne alcuni, sono già stati accolti bambini e ragazzi, per i quali è scattata una attività di pronta accoglienza supportata da un forte sentimento di solidarietà da parte di tutte le componenti scolastiche.

La nuova emergenza, però, non coglie impreparato il mondo della scuola. Le pratiche inclusive sono uno dei tanti fiori all’occhiello della scuola italiana.  Basta guardare i numeri: sono 798mila i minori stranieri attualmente scolarizzati e provenienti da tutti i Paesi, di questi 20.326 già provenienti dall’Ucraina perfettamente integrati. Solo in Calabria, nell’anno scolastico in corso, gli allievi provenienti da tutti i continenti sono 11.902 e di questi nel Reggino 4.112.

Per questi alunni, le norme e i documenti ministeriali sul punto sono molto chiari, le procedure di iscrizione possono intervenire in qualunque momento dell'anno, ovvero al momento dell'arrivo in Italia…

Il protocollo di accoglienza esiste, per la scuola italiana è normale. Quello che non è normale purtroppo è l'arrivo di molti bambini in fuga da una guerra, il loro essere profughi, non sono emigranti né intendono esserlo le loro madri se non per il tempo strettamente necessario al ritorno  della pace.
Sono piccoli in fuga in tempi traumatici, la loro emotività segnala smarrimento, insicurezza, paura, nostalgia, perdita. Se vi pare poco. Eppure tutti i piccoli hanno anche doti di resilienza.

In questa drammatica prima fase del loro arrivo è necessario che le nostre scuole adottino un altro ben diverso punto di vista, non facile: una pedagogia del ritorno per far capire che queste famiglie e questi ragazzi appena possibile torneranno nella loro terra, che hanno lasciato di punto in bianco e dove hanno tutto.

L’ approccio educativo non può non tenere conto, alla base, di questo elemento di realtà. Non dobbiamo immaginare percorsi lunghi di integrazione, come con i migranti. E siamo allo stesso tempo tutti d’accordo che il problema non è il recupero dell’apprendimento, il tenerli al passo con il programma.

Il problema che le scuole hanno nel momento in cui accolgono questi bambini e ragazzi é gestire l’emergenza perciò c’é bisogno di personale e fondi. Cose concrete, persone che si sporcano le mani sul campo. Più insegnanti, più mediatori culturali. Le linee guida sono belle parole, ma non cambiano il problema.

L’altro punto cruciale, che il Covid ci ha insegnato, è che l’emergenza va affrontata insieme agli enti locali, che hanno in questo momento un ruolo fondamentale. E’ il territorio insieme, Comuni, scuole, associazionismo, che deve predisporre un progetto educativo, lavorare per l’accoglienza.

Questi minori, almeno al momento, non sono soli: per lo più sono bambini e ragazzi arrivati con le madri e accolti da altre famiglie, dove tutti – chi è accolto e chi accoglie - hanno come concetto di fondo l’idea della transitorietà. Occorre costruire un percorso di accoglienza anche delle famiglie e con le famiglie, perché le difficoltà che abbiamo visto in questi giorni sono anche legate alle aspettative concrete che hanno le famiglie. E non dimentichiamo che la scuola ucraina è (forse a questo punto bisogna dire era) una scuola che ha aule tematiche, stampanti 3d, robotica e quant’altro. Questi ragazzi, penso soprattutto ai più grandi, avevano un contesto educativo scolastico ed extrascolastico ricco, che non avrebbero certamente mai lasciato.

Comunque, bene ha fatto il Ministero dell’Istruzione a produrre presto una prima nota per attivare una loro accoglienza scolastica disponendo un primo stanziamento di un milione di euro per sostenere le scuole che accoglieranno questi giovani e che sarà ripartito sulla base delle esigenze che verranno manifestate dagli USR, in raccordo con le Prefetture competenti. Potrà essere utilizzato per sostenere i costi della mediazione linguistica e culturale, primo ostacolo al progetto educativo, oltre che di tutto ciò che sarà necessario a garantire l’accoglienza di bambini e ragazzi e la loro alfabetizzazione. Per quanto riguarda il supporto psicologico le istituzioni scolastiche potranno utilizzare le apposite risorse ,pari a 20 milioni di euro, destinate dalla legge n.234 /2021 all’assistenza psicologica degli alunni.

In ogni caso la situazione di emergenza richiede tempestività, efficacia e trasparenza.
In questi giorni drammatici sarà quanto mai opportuno supportare il processo educativo con approfondimenti di educazione civica riflettendo sul valore della Costituzione, sulla pace, sulla guerra.
E potrà sembrare banale ma di visibile alto valore civile e di solidarietà se in ogni scuola (magari in tutte le scuole), dove è accolto anche un solo bambino ucraino mettere la bandiera all’ingresso della scuola vicino alla nostra. Sarà il senso ‘pubblico’della nostra amicizia vera, senza confini.

*Dirigente tecnico U.S.R. Calabria