Oggi torna tra la sua gente Giacomo Mancini.
Nasceva nel 1916 a Largo delle Vergini, nel cuore del centro storico. Di fronte casa sua c’era la sezione socialista e quella del sindacato dei post telegrafonici. E in quei luoghi fin da subito respirò ideali e valori che onorò con coerenza per l’intera vita. Partecipa nella Roma occupata dai nazisti alla lotta clandestina e alla Resistenza, senza mai, dopo, rivendicarne benemerenze. Chi lo ho frequentato più da vicino, infatti, conosceva il suo carattere schivo. Chiunque ne abbia anche solo sentito parlare sa che aveva carattere.
Ha dato voce, rappresentanza e speranze alla nostra terra, ad iniziare da quei ceti che non ne hanno mai avuta abbastanza. Un politico del popolo, nella sua accezione più vera e più autentica. Da parlamentare coraggioso, da leader lungimirante, da ministro fattivo e risolutivo ha contribuito a scrivere pagine importanti per la crescita democratica del Paese. Ha concluso la sua vita da Sindaco, spendendosi per la nostra città fino all’ultimo giorno.
Venti anni fa una folla imponente e commossa lo accompagnò per l’ultimo saluto dalla nostra casa del centro storico fino a sotto il Municipio. Le bandiere rosse in piazza. In garofani dai balconi.
Sono passati venti anni. Ma le adesioni alla nostra iniziativa e le presenze di oggi, confermano quanto sia ancora forte e diffuso il sentimento di affetto nei suoi confronti. Anche a distanza di tanto tempo.
Sentimento che travalica e supera le appartenenze. Una rappresentazione unica o comunque rara di unità nella nostra comunità troppo spesso divisa e contrapposta.
E conferma che la Fondazione a lui dedicata ha fatto bene ad alimentarne, a preservarne e a tutelarne il ricordo. Ad animarci è stato l’amore profondo di un figlio per il proprio padre e quello di un nipote per il proprio nonno. Siamo stati spesse volte soli. Ma abbiamo fatto la cosa giusta.
Anche dopo venti anni il suo ricordo è ancora vivo, quanto il rimpianto di non averlo più tra di noi. Ogni conversazione sul Leone socialista termina in due modi. Doveva campare tanti altri anni ancora. O anche: gli dovrebbero fare una statua, gli avissini fa ‘na statua.
Finalmente abbiamo esaudito questo desiderio collettivo. La statua è qui. Posizionata nel luogo più evocativo. Ringrazio il maestro d’arte Domenico Sepe per la passione con la quale ha accettato il nostro incarico. Dopo di me il Maestro spiegherà il senso della sua opera.
Vederla regalerà emozioni forti.
Tutto ciò è stato possibile perché compagne e compagni, amiche e amici, estimatrici ed estimatori, hanno voluto contribuire alla realizzazione dell’opera con una libera donazione. Un’altra testimonianza straordinaria di vicinanza per la quale mio padre, i miei figli ed io vi siamo grati.
Ringraziamo per la partecipazione la signora prefetto, il sindaco della città (anche per aver autorizzato e agevolato l’installazione della statua), i delegati della presidente della provincia e del presidente della regione e del Vescovo dell’arcidiocesi. A loro, in nome e per conto di tutti i cittadini che rappresentano, l’onore di svelare l’opera. Grazie, come dicono quelli bravi, alle autorità civili, militari e religiose per aver nobilitato con la loro presenza questo evento. Un grazie sentito va alla Fondazione Carical, al suo presidente, al suo presidente emerito e al suo direttore per aver sostenuto la nostra iniziativa.
Da oggi chi lo vorrà potrà incrociare di nuovo lo sguardo di Giacomo Mancini. Raccogliersi con lui. Riprendere un dialogo interrotto. Iniziarne uno nuovo. L’augurio è che guardandolo, scattando foto e selfie con lui, soprattutto i più giovani, possano trarre ispirazione per continuare ad onorare la nostra terra e il nostro popolo come ha fatto Giacomo Mancini.
Evviva la Liberazione. Evviva l’Italia. Evviva Cosenza. Evviva Giacomo Mancini