LA STORIA. Il geometra Micelotta, 3 arresti e 3 assoluzioni. L’ultima: il fatto non sussiste

LA STORIA. Il geometra Micelotta, 3 arresti e 3 assoluzioni. L’ultima: il fatto non sussiste
crisigiustizia
   (rep) “Al cuore Ramon , mira al cuore.”

Per tre volte Ramon ha alzato il fucile ed ha fatto fuoco mirando al cuore, e per tre volte il bersaglio colpito è finito a terra. Ma quella che vi racconteremo non è la scena di un film di Sergio Leone  ma uno strano “duello” che non si combatte ad armi pari. Il bersaglio se pur si rialzasse, camminerà barcollando per il resto della vita. Per cui iniziamo con le parole di “Joe” rivolge a Ramon nella scena finale: “vediamo se è vero”.

Vediamo se è vero che Vito Micelotta, tecnico del comune di Monasterace, è stato arrestato tre volte sostanzialmente con la stessa accusa, su iniziativa delle stesso PM e per tre volte è stato assolto. L’ultima assoluzione pochi giorni fa: “Perché il fatto non sussiste!”

Tre arresti! Tre errori!

I mandati di cattura, richiesti da uno dei PM tra i più conosciuti d’Italia , certamente il più famoso della Calabria che come Ramon del film “per un pugno di dollari”  è noto perché non  sbaglia mai un colpo: Nicola Gratteri.

E nel 1994 i colpi partirono a raffica di mitraglia. Centodieci persone coinvolte nell’operazione “Stilaro”.  Quasi tutti assolti ma cento innocenti rappresentano solo un danno collaterale. Tra questi il geometra Vito Micelotta accusato, come ci fa leggere nelle carte, “perché nella sua qualità di tecnico comunale, allo scopo di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale, affidava fittiziamente ad una ditta esponente della cosca mafiosa operante sul territorio di Monasterace, un lavoro di lire 600 mila.”

Così “per un pugno di euro” il geometra trascorre in carcere 123 giorni. La notte sente vaneggiare un uomo accusato di aver assassinato tre persone con l’accetta. Il tempo scorre, anche la detenzione finisce e poi viene completamente scagionato. L’ accusa non regge già nella fase dell’indagini preliminari. Assolto da ogni accusa. Parafrasando Levi, oserei dire “voi che vivete tranquilli nelle vostre tiepide case, ditemi se quanto è successo è giusto!  Giudicate voi se un innocente di appena 39 anni, con tre bambini piccoli, possa esser sbattuto in carcere, la sua abitazione perquisita, la sua vita sconvolta. Il marchio di galeotto impresso a fuoco sulla pelle!

E tuttavia siamo ancora nella “normalità” calabrese. Vito Micelotta dovrà imparare a sue spese la consapevolezza di essere uni “presunto-innocente”. La sua vita non può essere più la stessa. Infatti, dopo appena quattro anni, è di nuovo sulle prime pagine dei giornali. Di nuovo in carcere sostanzialmente con la stessa accusa che in Calabria non si nega a nessuno: “concorso esterno in associazione mafiosa”. Quaranta giorni in carcere.

Anche questa volta Micelotta verrà scagionato nella fase dell’indagine preliminari dopo una pronuncia del Tribunale della libertà che sancisce che non ci sarebbe stata ragione alcuna per arrestarlo.

Se la Legge in Calabria avesse ancora un senso, qualcuno avrebbe dovuto interrogarsi come ciò è potuto succedere. Invece tutto è silenzio perché tutto è viltà ed ovunque è prepotenza!

I calabresi devono portare sulle spalle il peso terribile della ndrangheta, la paura dei magistrati e vi assicuro che in molti casi c’è da aver paura. La viltà della politica e la codardia di tanta parte della “classe dirigente”. Infine, ma non ultima, la complicità di una bella fetta della stampa che ci marcia e/o ci campa.

Nel 2010 Vito Micelotta è di nuovo in carcere sostanzialmente con la stessa accusa!

Centodue giorni di carcere.

Pochi giorni fa l’assoluzione certa, categorica, senza ombra di dubbio: assolto perché il fatto non sussiste!

I suoi figli non sono più i bambini che nel 1994 videro il loro padre strappato alla famiglia e portato via.

Sono ormai grandi ed hanno scelto di andar via dalla Calabria.  Via da tutto ciò che la Calabria è diventata.

E’ normale che ciò avvenga?

Qualcuno dirà:” se l’hanno arrestato qualcosa ha fatto”!

Non c’è affermazione più vile, più infame e più oltraggiosa di questa.

Più offensiva per la Costituzione e per la Giustizia.

Noi non siamo chiamati dare alcun giudizio sul geometra Vito Micelotta che ci ha raccontato la sua storia mostrandoci tutti i documenti e con le gli occhi velati di lacrime.

Uno sguardo da cui traspare l’eterna solitudine di tanti calabresi che li porta ad una motivata sfiducia e successivamente ad una muta contrapposizione allo “Stato” in cui la ndrangheta ci sguazza.

Il geometra di Monasterace può essere un galantuomo ma potrebbe essere il mostro di  Loch Ness!  

Può essere antipatico o simpatico, corrotto o persona perbene.

Una cosa però è certa “al di là di ogni ragionevole dubbio”: per tre volte è finito in galera da innocente.

Potrebbe aver commesso mille crimini ma i “reati” per cui l’hanno portato tre volte in carcere non li ha mai commessi.

Innocente Micelotta!   Sostanzialmente “bufale” le tre operazioni riportate da tutti i giornali come fulgide pagine di storia contro la ndrangheta.

In questo momento in tutta Italia ci sono tante persone  mobilitate per il “sì” o per il “no” al referendum .

Dice bene il professor Zagrebrelski quando afferma che anche Bokassa aveva fatto approvare una buona Costituzione.

La Carta Costituzionale non è nulla se non vive ogni giorno nella vita dei cittadini. Invece, un po’ ovunque, ma certamente in Calabria , la Costituzione agonizza e muore ogni giorno!

Ed io non credo a coloro che si affliggono per le modifiche alla Carta scritte con l’inchiostro e restano insensibili alle ferite inferte   col sangue degli innocenti. Non credo una sola virgola delle parole dei Travaglio e dei tanti PM, e che, in questo momento, si agitano “in difesa della Costituzione.”IL caso che abbiamo appena riportato, al di là della persona, è  un oltraggio alle carni vive della  Costituzione destinato però a restare nell’ombra. E Quanti sono i casi Micelotta? Cento? Mille?

Nessuna pietà per questi figli di un Dio minore che sono vittime di cui nessuno ricorderà mai il nome. Raccontare la loro storia non significa mettersi contro i magistrati, così come parlare della “malasanità” non significa mettersi contro i medici ma piuttosto “resistere” sulla trincea più esposta alle rappresaglie dei forti.

E’ dura e ne faremmo volentieri a meno ma raccontare è Resistere! Riaffermare che nel territorio della Repubblica nessuno è la Legge altrimenti saremmo già nel contea del “giudice” Roy Bean  che amministrava la giustizia dei sette capestri ed era la legge all’Ovest del Pecos.