L'INTERVENTO. La Dc, il Pci e l'Italia della Prima Repubblica

L'INTERVENTO. La Dc, il Pci e l'Italia della Prima Repubblica

La politica attuale, anche in Calabria, sembra ispirata da Techetechetè. Il popolare programma televisivo, che da anni ci riporta nostalgicamente all’Italia di ieri.

Ho letto col solito interesse lo splendido e appassionato articolo odierno dell’amico Filippo Veltri, giornalista di razza e di testa, dal titolo “Politica e DC. Il bel tempo che fu?”. Per la verità Filippo mi aveva preannunciato questo articolo, anzi mi aveva confidato che voleva aspettare qualche giorno “ per calmarsi “ dalla stizza dopo le celebrazioni delle scorse settimane in ricordo di protagonisti della Prima Repubblica. Ovviamente democristiani. Il metodo utilizzato da Filippo nel suo ragionamento è coerente con la sua visione della politica, la sua lettura degli avvenimenti, la sua campagna contro il mal di nostalgia in politica.

E’ in questi giorni in libreria un interessantissimo volume dal titolo “La politica della nostalgia. Il passato come sentimento e ideologia.” curato da Cristina Baldassini e Giovanni Belardinelli, editore Marsilio. Gli autori prendono in esame le trasformazioni radicali della politica contemporanea, in verità non solo in Italia, con uno sguardo che parte da lontano fino ai nostri giorni. La tesi degli autori del libro è che “ la nostalgia è il rimpianto per un’epoca felice in cui il popolo non era stato corrotto dalle tendenze disgregatrici della modernità ”. E le prove a sostegno non mancano. In una visione in cui occorre distinguere la storia dagli avvenimenti. E non sempre gli avvenimenti, i fatti e i personaggi finiscono nei libri di storia.

Anche negli interrogativi legittimi di Veltri sulle responsabilità dei vari protagonisti nel disastro della politica, in Italia e in Calabria, il ragionamento va riportato più opportunamente alla storia. Non è certamente colpa di De Gasperi o di Moro per la Democrazia Cristiana, di Nenni o Craxi per il Partito Socialista o di Gramsci o Togliatti per il Partito Comunista - anche se questo Partito ha la grave responsabilità di avere scelto in Italia la via giudiziaria per la conquista del potere - se negli ultimi trent’anni (molto più del ventennio fascista) i politici figli di Tangentopoli hanno cancellato la politica come regolatrice del governo dei problemi, aprendo la strada al populismo, al sovranismo e al grillismo.

Ha ragione Filippo quando sostiene che molti dei partecipanti e dei presenti alle celebrazioni e ai memoriali di questi giorni sono corresponsabili del mancato sviluppo di questa terra, dello strapotere di una burocrazia alimentatasi all’ombra della politica e hanno tradito qualsiasi promessa di cambiamento. Anche se questo non chiarisce la parzialità dell’analisi. Dal 1992 in poi sono cambiate le coordinate della politica e quei politici, amministratori e uomini di governo, che hanno continuato a calcare la scena anche con ruoli importanti, hanno abiurato ai valori di DC, PSI e per certi versi anche PCI, per trovare riparo nei nuovi “ comitati elettorali “ che con quei Partiti non hanno più alcun riferimento ideale o valoriale.

Allora, forse, quel sentimento, popolare e diffuso, di rimpianto verso quei partiti non ha nulla a che vedere con quei politici scampati alla falsa rivoluzione di Mani Pulite e hanno continuato a gestire il potere in modo sordo rispetto ai bisogni dei cittadini. Ed è ottimistico sperare in una qualsiasi forma di autocritica da parte di questo ceto politico.

Voglio, però, tranquillizzare il mio amico Filippo perché, come ho avuto modo di scrivere proprio su queste colonne: Non moriremo democristiani. Perchè quegli stessi personaggi che celebrano il passato, presentano libri e occupano spazi di rilievo nella società italiana e calabrese a titolo di eredità di quel grande Partito, nel 1993 si impegnarono con l’alleato americano, quando imperversava il “rito meneghino” di Antonio Di Pietro a non ricostituire più, sotto qualsiasi forma, la Democrazia Cristiana. Peraltro è molto difficile, se non impossibile, trasformare quel sentimento nostalgico in una in una ideologia, se non in una politica. Manca la volontà, ma soprattutto gli uomini.

Quelli a cui si riferiva Veltri e a cui penso anch’io, fra trent’anni non saranno ricordati in nessun almanacco di Storia.
Neanche su Techetechetè.