IL BILANCIO. Reggio e il pendolo pazzo tra mafia e antimafia

IL BILANCIO. Reggio e il pendolo pazzo tra mafia e antimafia

pendolo      di MASSIMO ACQUARO - Ieri l'arresto di Rosy Canale, oggi l'assoluzione in appello dei vertici della cosca Bellocco.

Ieri le ennesime polemiche del sostituto Rocco Cosentino contro le toghe che si fanno pubblicità con la lotta alla mafia, oggi le dure parole di monsignor Morosini al procuratore Gratteri per il suo nuovo libro sui rapporti tra ndrangheta e chiesa.

Ieri l'attacco di Scopelliti alla commissione parlamentare antimafia di Rosy Bindi per un asserita ingerenza nella vicenda giudiziaria dell'ex sindaco Arena, oggi la sentenza della corte d'appello che praticamente chiude la pratica sull'incandidabilità di Arena & co., per inciso le vere (ed uniche) "prede" dello scandalo politico-giudiziario che ha determinato il commissariamento del comune di Reggio Calabria.

Ieri tutti in fila ed allineati a fare a gara nel partecipare ai convegni dell'antimafia, oggi Galli della Loggia che sulla prima pagina del Corriere della sera irride all'antimafia delle sovvenzioni e delle passarelle.

È come salire sule montagne russe: ieri i giustizialisti inneggiavano al tintinnio delle manette, oggi i garantisti guardano preoccupati allo sgretolarsi di clamorose inchieste davanti ai giudici.

Difficile raccapezzarsi, quasi impossibile. Sarà necessaria una lunga e pacata riflessione. Da fare con calma, cercando di mettere insieme i pezzi di un puzzle infernale.

Un punto. È chiaro che nell'antimafia reggina si combattono da tempo due visioni, ormai antagoniste. Da un lato c'è chi ritiene che le periodiche ondate di arresti, con decine e decine di persone in manette siano una strada necessaria, indispensabile, irrinunciabile. Quando tre quarti dei reggini avranno sbattuto in cella l'altro quarto, ossia quel 25% di cittadini che - secondo le statistiche delle toghe- costituiscono il nucleo duro dei collusi con la ndrangheta, allora vedremo la luce. Peccato che la Corte europea, il presidente Napolitano, il governo, il parlamento, la chiesa dicano che bisogna svuotare le celle. Peccato che dal '90 in poi siano stati irrogati decine e decine di ergastoli, mandati in carcere centinaia di mafiosi, ma la situazione sarebbe addirittura peggiorata secondo quanto denunciano gli stessi inquirenti.

Dall'altro lato quelli che ritengono che l'azione giudiziaria sia importante, ma non decisiva; anzi in alcuni casi sia stata addirittura dannosa. Da questa parte stanno i delusi dalle toghe e dalle loro carriere; stanno quelli che sono perplessi e scettici di fronte alla grancassa mediatica che ha inondato la pubblica opinione di personaggi e vicende ritenuti marginali; stanno quelli che vedono i meccanismi di spartizione delle risorse pubbliche rimasti intatti, salvo eccezioni insignificanti; ci sono quelli che credono che la lotta al malaffare sia una priorità civile e politica, vista la timidezza degli apparati repressivi calabresi.