I meridionali, soprattutto se affetti da patologie serie sono ricercatissimi dappertutto. Vengono trattati con i guanti bianchi. Se il volo Ryan Air acquistato last minute, non coincide con la visita, se da Orio al Serio si verificano “ritardi”,- causa nebbia perlopiù- non importa, la “signorina” della ricezione è gentilissima e si prodiga con solerzia a spostare gli appuntamenti. Nell’arco di una giornata sono capacissimi di “incastrare” ecografia e tac, in una settimana programmano pet con fantastiche illuminazioni di organi. Poteri degli avveniristici mezzi di contrasto che usano. Ahimè costosissimi. - “Oggi il gallio alla signora per fare la pet, glielo stiamo portando direttamente da Londra”.- Sembra che debbano consegnare il cappello che la principessa Kate indosserà alla Royal Ascot. E che dire dei valenti specialisti “forestieri” che prestano il loro ingegno negli ambulatori della nostra regione? A ben vedere e analizzando con occhio cinico i dati, sono proprio questi esempi di professionisti “ubiquitari” e profondamente dediti al lavoro, che tracciano la strada alle emigrazioni di tanti pazienti.
Anche qui, il manager settentrionale, nell’incoraggiare il viaggio al contrario del sanitario, perché quest’ultimo è l’unico che, nella complessa giostra piazzata sulle nostre Asp, si muove verso Sud, interviene giocando fino in fondo il proprio ruolo. Egli ha capito la falla del nostro sistema e la miniera d’oro nascosta da sfruttare in loco. Difatti, i pacchetti di pazienti che si spostano, sono utili anche a chi li promuove, ben venga dunque il benefit a quei medici che garantiscono un certo numero di malati in “transito”. Il cerchio si chiude. I fuori regione malati, si recano nell’ambulatorio privato, dove una volta al mese riceve un illustre clinico che esercita contemporaneamente a Milano ed a Corigliano, per fare un esempio. Una volta reclutati, compiono “il viaggio”. Se gli interventi possono essere programmati, “la signorina” trova un giorno comodo, altrimenti, niente paura, si apre la sala d’attesa del pronto soccorso nordico e il parcheggio del “finto urgente” sul comodo divano con l’occhio al display che segnala la lista di attesa.. A intervento riuscito, fiumi di controlli, di appuntamenti e di esose fatture che si riversano sul nostro sistema sanitario, già debole e fiaccato.
Diciamolo pure, da noi le apparecchiature diagnostiche sofisticate, quelle evolute della medicina nucleare sono poche. Ne occorrerebbero tante di più, perché a ben guardare, anche i nostri sanitari sono bravi. E l’eccellente radiologo di Polistena, di Reggio o di Crotone, con una macchina efficiente come quella di Milano, farebbe i miracoli e azzererebbe la spesa per i controlli diagnostici. Chiarisco: non intendo dare in mano il malato, affetto da serie patologie o anche solo bisognoso di delicate ricostruzioni ortopediche, a chi purtroppo, pur dotato di eccellente capacità di diagnosi, non ha mezzi. Al momento consentiamo la migrazione verso centri di eccellenza del “rischioso” e del “delicato”, ma i controlli possiamo farli qua. E quel qua vuol dire nei nostri centri sanitari, “pubblici” auspicherei.