Il secondo lockdown ha generato nel Sud tensioni non presenti (o quasi ) nel primo.
I commercianti, gli artigiani, il popolo delle partite Iva hanno manifestato contro la zona rossa. Ma la zona rossa, contro cui si era espresso lo stesso Presidente ff Spirlì della Regione Calabria, è stata, nei fatti, confermata e rafforzata dallo stesso Presidente ff Spirlì con la chiusura delle scuole.
Le alternative tremende che ci si pongono davanti sono il diritto alla vita, come diritto alla salute, e il diritto alla vita, come diritto al lavoro, ancorché minimo per campare. Su queste alternative possono soffiare malamente in tanti dai nazifascisti alla ‘ndrangheta.
Le stesse alternative terribili che si pongono a Taranto nei confronti dell’acciaieria su cui ancora non si riesce a decidere. O ancora quelle che si posero anni addietro a Crotone e negli altri poli petrolchimici del Paese con la scelta fatta: chiudere, licenziare tutti e preservare la salute. E tutti ben sanno come è andata a finire.
Questa scelta difficile tra due alternative tremende pone il nostro Paese in grave difficoltà. Se nel Nord del Paese si sta operando con politiche specifiche di sostegno per gli autonomi, nel Sud è molto più difficile.
In Calabria, dai dati ISTAT, ci sono più di 80.000 microimprese, cioè imprenditori individuali, liberi professionisti e lavoratori autonomi. Ipotizzando che ogni microimpresa abbia tra uno e due dipendenti (in regola o al nero), ci sono 200.000 famiglie con un reddito derivante da microimprese.
Il Covid si è abbattuto come un uragano su questa realtà.
Dai dati ufficiali ISTAT almeno il 50% delle imprese si trova nella cosiddetta condizione di sospensione delle attività. Quindi ci sono almeno 100.000 persone senza reddito, molto più dei petrolchimici italiani, più di 10 volte i dipendenti dell’ILVA di Taranto. E se tra queste ce ne sono il 50% al nero, il disastro è sotto gli occhi. O almeno è sotto gli occhi di chi vuole tenerli aperti. 50.000 persone senza alcun reddito.
Cosa si propone a queste persone? Un biglietto di solo andata per il Nord? Per la Germania? Per la Svizzera? Oppure soggiacere alla usura? Alla ‘ndrangheta? Dopo il terremoto del Belice l’unica cosa disponibile erano i biglietti di sola andata per il Belgio.
Servono risposte immediate, che in questi mesi Roma non ha dato né si sa quando e se arriveranno.
Una strada da perseguire (non da sola) per la Regione è quella di tanti piccoli lavori pubblici, che vedano subito coinvolti gli artigiani, i muratori, i carpentieri, i fabbri, gli ebanisti, gli elettricisti, gli idraulici, i termotecnici e poi geometri, ingegneri, architetti, geologi, agronomi.
Sistemare scuole, municipi, chiese, caserme e commissariati, piazze, giardini pubblici, mette in moto una grande economia legale finalizzata alle microimprese, facilmente controllabile dall’INAIL, dall’INPS, monitorabile dalla Guardia di Finanza.
La sistemazione degli edifici pubblici distrugge il lavoro nero, azzera il ricorso alla usura, taglia gli artigli, le mani e tutte le braccia alla ‘ndrangheta.
La sistemazione delle opere pubbliche fornisce le condizioni minime per rimanere nei paesi, rigenerandoli. Le piccole opere pubbliche creano subito occupazione diretta, ma sviluppano anche quella indiretta: bar, pasticcerie, smacchiatorie, parrucchieri, insomma il mondo vero, reale dei paesi.
Si può e si deve operare subito. L’1 gennaio si può iniziare a spendere il POR per lavori. Non c’è bisogno di aspettare i tempi romani.
La Calabria può fare subito i progetti, proprio in questo periodo di chiusura. Può approvare i progetti in conferenze di servizi telematiche. Può fare le gare con il deposito telematico dei documenti, come già sistematicamente fatto. Può aggiudicare i lavori.
600 scuole sono in corso di sistemazione, altre 300 potrebbero essere progettate e mandate a gara in pochi mesi, la stessa cosa per municipi, chiese, caserme e commissariati, piazze e giardini pubblici.
La Calabria può trasformare questi mesi bui pieni di paure, di abbandoni, e di disperazione, in una grande occasione di lavoro, di rinascita, di speranza.
Già oggi Bruxelles autorizza a spendere per la progettazione, prima del 31 dicembre 2020.
160 anni di storia comunitaria ci obbligano a pensare che forse la questione meridionale non si può risolvere a Roma, vediamo se si può risolvere a Bruxelles.
*uniRc