L'INTERVENTO. Chizzoniti, esposto alla magistratura per fare giustizia sui morti di Cutro

L'INTERVENTO. Chizzoniti, esposto alla magistratura per fare giustizia sui morti di Cutro

ILL.MO SIG. PROCURATORE CAPO DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA
ILL.MO SIG. PROCURATORE CAPO DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI CROTONE
ILL.MO SIG. PROCURATORE CAPO DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
ILL.MO DOTT. GIOVANNI BOMBARDIERI PROCURATORE CAPO DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA

 ESPOSTO EX ARTT. 326-336 C.P.P., IN RELAZIONE AL MODELLO TECNICO DI CUI AGLI ARTT. 589, 593, 428, 449 e 450 C.P., OVVERO DI QUALSIASI ALTRA IPOTESI DI REATO NELLA SPECIE RAVVISABILE,

Il sottoscritto Aurelio Chizzoniti, nato a Condofuri (RC) il 14/08/1945 (CHZRLA45M14C954F), domiciliato in Reggio Calabria alla Via Gaspare del Fosso n. 21, n.q. di cittadino della Repubblica Italiana, con costernato stupore e, a dir poco, indignato per la strage impavidamente consumata sulla spiaggia del Comune di Cutro (KR),

PREMESSO

che, in relazione all’eccidio dei migranti, consumato in località Cutro (KR), appare orami ineludibile il dovere di individuare le responsabilità di chi avrebbe potuto e dovuto intervenire, rispettando “l’inderogabile obbligo del salvataggio”, ovvero “dovere scolpito nella nostra Costituzione”, così come puntualmente è stato ricordato anche dalla ANM, rammentando che “l’obbligo è inderogabile e tutti ne devono beneficiare, a prescindere dalla concreta possibilità dei singoli di restare in seguito sul territorio italiano legittimamente”. È quanto sottolinea causticamente l’ANM in un documento approvato dal Comitato Direttivo Centrale sul naufragio di Cutro, sottolineando, altresì, che “nessuna norma, infatti, potrebbe mai imporre ad alcuno il dovere di non fuggire da paesi dove la guerra o la miseria impediscono l’accesso a condizioni di vita dignitose” (all. 1);

che, al contrario, il Ministro dell’Interno della Repubblica Italiana, già esperto in “carichi (umani) residuali”, ovvero “la disoccupazione non giustifica i viaggi a rischio”, “i viaggi sono rischiosi”, “la colpa è delle famiglie che li fanno imbarcare”, ecc., galleggia, con agghiacciante disinvoltura, al centro di un mare magnum di responsabilità che coinvolge tutta la linea di comando, nella cui ottica qualcuno ha deciso che intervenisse la Guardia di Finanza, pur sprovvista di mezzi adeguati, e non la Guardia Costiera, dipendente dal Ministero delle Infrastrutture (On.le Matteo Salvini) che però disponeva dei mezzi necessari per intervenire;

che, appare ormai innegabile che in ben sette ore dalla tempestiva segnalazione di Frontex (avvenuta sabato 25/02/2023), la Guardia di Finanza è uscita due volte e immediatamente rientrata, per cui, visto che esisteva già la preoccupazione, qualcuno dovrà spiegare all’A.G. adita, “perché non sono scattati subito i soccorsi”, eludendo l’obbligatorio intervento dell’attrezzatissima Guardia Costiera;

che, quindi, non attivare la benché minima iniziativa di soccorso, nella “notte dei misteri”, è stato un drammatico e tragico errore, che le esperende indagini chiariranno se “colposo o doloso”, determinando, comunque, la triste sconfitta dell’umanità;

che, è indubbio che non spetti a Frontex classificare o meno un evento come SAR (ricerca e soccorso), poiché tale responsabilità è attribuita alle “Autorità nazionali” che decidono i mezzi da inviare;

che, a questo punto, emergono le differenti specializzazioni delle forze nazionali che operano in mare: Guardia di Finanza e Guardia Costiera;

che, la prima svolge funzioni di Polizia in mare con l’obbiettivo di contrastare i traffici illeciti, e controllare le frontiere marittime ai fini del contrasto dell’immigrazione illegale;

che, alla Guardia Costiera – corpo specialistico della Marina Militare, inquadrato nel Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – invece, compete la sicurezza marittima e, soprattutto, l’organizzazione della ricerca e del soccorso in mare;

che, è innegabile che il piano nazionale per la ricerca e il soccorso afferma che “tutti i soggetti pubblici o privati che comunque abbiano conoscenza di notizie relative ad una nave o persona in pericolo in mare, devono, ai sensi dell’art. 5.1.2 della Convenzione di Amburgo, e per gli effetti degli artt. 69 e 70 del Codice navale, darne immediata comunicazione all’organizzazione SAR marittima”, nel contesto di un adeguato coordinamento degli interventi SAR nei confronti di imbarcazioni in difficoltà;

che, appare indiscutibile l’esistenza di diffuse “zone d’ombra e buchi neri” nella ricostruzione del triste naufragio, riconducibili alle Istituzioni politiche ed operative, poiché spetta alle stesse (dai Ministeri alle categorie subordinate – Guardia di Finanza e Guardia Costiera), classificare gli eventi e disporre i soccorsi;

che, il caso di specie è scandito dalla segnalazione Frontex, alla quale seguono diverse ore “cupe e grigie”, nel cui contesto chi avrebbe dovuto intervenire (Guardia Costiera? Guardia di Finanza? Frontex? Ministro degli Interni? Ministro delle Infrastrutture?), si è ben guardato dal farlo. Rifugiandosi, paurosamente, all’interno di un infido e serpeggiante scaricabarile, teso ad ovattare inerzie, gravissimi disimpegni, saldamenti ancorati alle surreali condizioni del mare, audacemente spacciate per “proibitive”. Fonti genetiche del gravissimo evento, che la Magistratura non mancherà di chiarire;

che, non si è trattato di un incidente occasionale, bensì l’inesorabile sintesi della fredda e multipla negazione della responsabilità, scandita da un incredibile aggiramento delle stesse, e, quindi, dall’assoluta carenza di consapevolezza umana sul versante politico-istituzionale;

che, grava perpendicolarmente sulla macabra vicenda, il perché, se la barca era stata avvistata e segnalata la sera prima (25/02/2023), i soccorsi in mare si sono mossi soltanto successivamente alla telefonata del giorno dopo, nella cui ottica due mezzi navali della Guardia di Finanza da “intercettazione” e non da soccorso, sono salpati per ben due volte nella notte per poi rientrare “cautamente” alla base di partenza;

che, appare indubitabile che la Guardia Costiera (Ministero delle Infrastrutture – rectius – On.le Salvini), era a conoscenza di tutto ma non è intervenuta, tant’è che la Guardia di Finanza informa la Capitaneria poiché deve rientrare a causa del mare grosso; mentre la nave “inaffondabile” della Guardia Costiera è pronta ma resta clamorosamente in porto;

che, appare evidente che nessuno abbia voluto salvare o aiutare i disperati deceduti e sopravvissuti, nonostante il barcone fosse stato avvistato ben sette ore prima del naufragio, gestendo la situazione come un problema di polizia…, senza pensare ai soccorsi (perché???);

che, è indubbio che:

  • il sabato mattina, giorno 25 febbraio, la sala operativa di Roma, alle ore 04:57, lancia un allarme a tutte le navi per un barcone nel mare Ionio, ma senza fornire le coordinate;
  • nella stessa giornata, alle ore 21:26, il barcone viene avvistato, da Frontex, a quaranta miglia dalla Calabria, con una persona sul ponte ed altre sottocoperta, e vengono diffuse le coordinate;
  • domenica 26 febbraio, a mezzanotte, la Guardia di Finanza fa partire una motovedetta da Crotone e un pattugliatore da Taranto, ma entrambi non trovano il barcone e tornano indietro;
  • alle ore 04:00 di domenica 26 febbraio, da un numero internazionale, sulla barca ormai in balia delle onde, parte la prima drammatica telefonata al 112;
  • successivamente, la Centrale Operativa dei Carabinieri di Crotone, alle ore 04:15, contatta il nucleo radiomobile, che arriva a staccato di Cutro, quindici minuti dopo, purtroppo a naufragio già avvenuto;
  • nello stesso giorno, alle ore 04:47, la Guardia Costiera, avvertita del naufragio da una telefonata, avvia le ricerche dei superstiti, arrivando sul posto alle ore 05:35;

che, la ricostruzione che precede è stata integralmente ignorata dal Ministro dell’Interno, Prefetto Piantedosi, che, mediante l’informativa, elastica e fiabesca, temerariamente riferita al Parlamento della Repubblica, in data 07/03/2023, si è limitato “coraggiosamente”, ad attribuire tutte le responsabilità agli scafisti, omettendo il benché minimo riferimento alla conclamata omissione di soccorso. Occupandosi dei naufraghi soltanto quando ormai erano a cento metri circa dalla costa pitagorica, addebitando, frigido pacatoque animo, la responsabilità ad una “spericolata” manovra degli scafisti; sfuggendo completamente agli inquietanti interrogativi che ne derivano, alimentati da un buco di ben sette ore, inutilmente trascorse dall’avvistamento di Frontex fino alla sciagura, aspettando articamente che la barca, ormai alla deriva, si sbriciolasse a pochi metri dalla costa;

che, il soccorso marittimo, a Roma e Reggio Calabria, decise di non avviare una operazione SAR per la barca dei migranti in base alle direttive sulla “difesa dei confini”, nella cui ottica si è tentato di occultare l’inefficienza letale capovolgendo la realtà dei fatti, la cui responsabilità sarebbe da attribuire agli stessi disperati, rei di essere partiti, e non a chi li ha lasciati cinicamente schiantare e sbriciolarsi sugli scogli. Ignorando qualsivoglia allarme, e tentando di accreditare ex post che “la tragedia sarebbe stata imprevedibile” (sic!!);

che, emergono anomalie, distrazioni, errori ed omissioni fra la Guardia di Finanza e la Guardia Costiera, tant’è che alle 03:48 del giorno 26 febbraio, riferisce la Guardia Costiera che “la G.d.F. di Vibo Valentia informa i nostri di Reggio Calabria che i mezzi stanno tornando indietro per le condizioni avverse del tempo”; mentre alle ore 03:50, la sala operativa della Guardia di Finanza di Vibo Valentia, mediante la postazione della rete radar costiera, acquisiva un target verosimilmente riconducibile alla segnalazione Frontex;

che, ciò nonostante, nel contatto fra la Capitaneria di Reggio Calabria e la Finanza di Vibo Valentia, l’individuazione del target era stata clamorosamente esclusa;

che, fra l’altro, la Guardia Costiera, chiamata in causa, sostiene che era in grado di affrontare anche un mare più agitato, ma “non è arrivato alcun allarme”;

che, infatti, il Comandante della Capitaneria di Porto di Crotone, Vittorio Aloi, conferma, alla Gazzetta del Sud del 02/03/2023, pag. 2 (all. 2), che la Guardia Costiera disponeva di tutti i mezzi per intervenire in sicurezza, anche con mare forza otto; ma tutto è naufragato per il preponderante ruolo dell’ipocrisia e del formalismo, che hanno impedito qualsivoglia provvidenziale intervento di salvataggio, rimpallando qualsivoglia responsabilità fra Guardia Costiera, Guardia di Finanza e Frontex;

che, anche i pescatori pitagorici, e fra questi il Sig. “Pino”, che ha rilasciato interviste ai media nazionali (Sky, TGCOM 24, Gazzetta del Sud del 05/03/2023, pag. 16), puntualizza che “non è vero che non si potevano salvare. Il mare era grosso, ma sappiamo bene che i mezzi di soccorso che ci sono in porto possono affrontare anche un mare peggiore” (all. 3);

che, invece, scappando, o tentando di scappare, i vertici ministeriali, Prefetto Piantedosi e On.le Salvini, con autentiche acrobazie sul baratro dell’assurdo, addebitano frigidamente tutta la responsabilità dell’immane naufragio alla partenza dei profughi e non al totale abbandono degli stessi. Nel cui panorama non va dimenticato che la Guardia Costiera resta comunque un servizio che per anni, in condizioni identiche ed anche peggiori, ha salvato migliaia di vite umane, divenendo, proprio per questo, famoso in tutto il mondo.

Tanto premesso e ritenuto, lo scrivente, ut supra generalizzato, a tenore degli artt. 326-336 c.p.p., rammentando che l’ormai consumata “distrazione ideologica”, scandita da spietata indifferenza, inerzia e quant’altro, sfociano inesorabilmente sul versante della “complicità”, quanto meno perché calpesta insensibilmente l’obbligo morale, etico e civile di aiutare e salvare, a tutti i costi, le persone in difficoltà in mare, senza ostacolare o penalizzare chi tenta di farlo. Dovere non superabile attraverso pavide e sguscianti considerazioni, quali quella che “Frontex non ha continuato a seguire la barca”,

CHIEDE
ai Sigg.ri Procuratori della Repubblica in indirizzo, nei limiti delle rispettive competenze territoriali, di svolgere le “indagini necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale”, in relazione alle ipotesi delittuose indicate e di quante altre eventualmente ravvisabili,

 CHIEDENDO
altresì, all’esito dell’attività investigativa, che i Sigg.ri Procuratori aditi verifichino, ove dovessero emergere elementi di connessione oggettiva, soggettiva e probatoria, ex art. 12 c.p.p., di trasmettere gli atti al Procuratore ritenuto competente,

 CHIEDENDO
infine, adeguate informazioni, ove dovessero intervenire provvedimenti ex artt. 406 III° comma e art. 408 II° comma c.p.p. .

 Sul versante istruttorio, considerato che a livello politico tutti si autoassolvono, appare ineludibile accertare e ricostruire quanto si è verificato nella notte fra il 25 e 26 febbraio 2023, si chiede che si proceda ad:

  • accertare il perché, e chi è stato, fra Guardia di Finanza e Guardia Costiera, a qualificare la gravissima emergenza come un’operazione di polizia e non di salvataggio;
  • individuare chi avrebbe potuto e dovuto far scattare i soccorsi, accertando la “vera” ragione per cui si è astenuto (imposizione? Da parte di chi?);
  • accertare qualsivoglia contatto telefonico (Procura di Roma), ed i relativi orari, intercorso dal giorno 25 febbraio al 03 marzo 2023 fra l’On.le Matteo Salvini, Ministro delle Infrastrutture, con il Ministro dell’Interno, Prefetto Matteo Piantedosi, con i riferimenti centrali e periferici della Guardia Costiera, dipendente dal predetto Ministro dei Trasporti, la Guardia di Finanza, Frontex, nonché qualsivoglia contatto fra Guardia Costiera, Guardia di Finanza, Capitaneria di Porto di Crotone, Vibo Valentia, Reggio Calabria et alios;
  • sentire a S.I.T. il Comandante della Capitaneria di Porto di Crotone Vittorio Aloi, su quanto dichiarato, apertis verbis, alla Gazzetta del Sud in data 02/03/2023 (all. 2);
  • sentire a S.I.T., previa agevole identificazione, il “Pino” in ordine a quanto dichiarato alle emittenti televisive ed alla Gazzetta del Sud del 03/03/2023: “i profughi erano salvabili” (all. 3);
  • accertare quali fossero, la sera/notte del 25-26/02/2023, le reali condizioni del mare al primo avvistamento della barca e successive eventuali condizioni peggiorative, quantificando la forza prodotta;
  • accertare perché la Guardia di Finanza, prima interviene e poi “prudentemente” rinuncia ad assumere qualsivoglia iniziativa;
  • accertare se è stato rispettato o impietosamente evitato l’obbligo di salvataggio in mare;
  • accertare per quale motivo, se la G.d.F. esce due volte e torna indietro per mare grosso, perché non è uscita la Guardia Costiera, pur attrezzata ad affrontare mare forza otto, lasciando in balia delle onde una barca in legno (forse era più attrezzata per affrontare il mare grosso?);
  • individuare chi e perché, presso il Soccorso Marittimo di Roma e di Reggio Calabria (Procura di Roma e Reggio Calabria), decise di non avviare un’operazione SAR, cioè di soccorso;
  • individuare chi, alle ore 03:48 del giorno 26/02/2023, secondo quanto riferito dalla Guardia Costiera, all’interno della Guardia di Finanza di Vibo Valentia ha informato “i nostri di Reggio Calabria di aver acquisito mediante la postazione del rete radar costiera, un target verosimilmente riconducibile alla segnalazione Frontex”. Individuazione che, ex post, è stata clamorosamente esclusa (Procura Vibo Valentia e Reggio Calabria).

Con espressa riserva di ulteriori integrazioni.

Aurelio Chizzoniti

Reggio Calabria, lì 11/03/2023. 

*Avvocato, già presidente del Consiglio regionale della Calabria.