NOSTRO SERVIZIO - Dal rapporto studio Bankitalia sulle macroregioni emerge una conferma drammatica: il divario tra nord e Sud dell’Italia, a giudicare dai primi dati dei segnali d’uscita dalla crisi, cresce. Peggio: i primi dati di ripresa dimostrano che per il Mezzogiorno invece di un miglioramento si registra un peggioramento del divario.
Peggio ancora: dal quadro si rileva che il Divario è ritornato allo stesso livello di 40 anni fa.
Ma la notizia in assoluto peggiore è che tale fenomeno è strutturale, cioè di pende da come è stato costruito (meglio discostruito) il mezzogiorno, dalle scelte sulle sue fondamentali infrastrutture, dal ruolo ad esso assegnato di attore dei punti arretrati dell’economia che hanno fatto nascere imprese scarsamente innovative e meno produttive di quelle del resto del paese. Notizia peggiore perché questo significa non solo che va male ma che la prospettiva, sarà senza peggiore se non si riuscirà a innescare un gigantesco processo di innovazione.
Luigi Signorini, vice direttore generale di Bankitalia, che ha illustrato il Rapporto della Banca d’Italia, ha ricordato che il 2013 è stato per l'economia del Sud il sesto anno consecutivo di recessione. Ha spiegato il fenomeno con la marginalità della domanda estera che sta, nel resto del paese, fornendo un contributo importante nella crescita e con la minore innovazione del sistema produttivo.
«La partecipazione a reti produttive più estese –dice Signorini - rappresenta un'occasione importante anche per le piccole e medie imprese, soprattutto distrettuali, purché emerga la capacità di organizzare la produzione su scala internazionale, gestire le attività innovative e presidiare le reti commerciali». Il Mezzogiorno invece è tendenzialmente tagliato fuori da questa possibilità.
Per Signorini «i divari nel Pil pro capite che si osservano oggi tra il Centro Nord e il Mezzogiorno sono gli stessi di quarant'anni fa, quando si interruppe il processo di convergenza delle aree più povere verso i livelli di reddito di quelle più prospere».
Nel Sud, incalza Signorini, «l'esercizio di intimidazione, violenza e collusione impedisce spesso a individui e imprese di realizzare le proprie opportunità e di concorrere sul mercato e consente la formazione di posizioni dominanti, magari per sfruttare in modo legale e con elevati profitti, capitali illegalmente accumulati».
Rispetto alle infrastrutture la spesa è depotenziata dalla lentezza e dall'onerosità delle procedure previste per le opere pubbliche (burocrazia). L’analisi dei più importanti progetti cofinanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale, registra ritardi medi dell’88% dei tempi stimati, contro una media europea del 26%, e un aggravio di costi pari al 38%, contro una media europea del 21%.
La tesi della Banca d'Italia sulle politiche di riequilibrio regionale è netta: spesso alimentano anziché alleviare il ritardato sviluppo di una determinata area, generando un circolo vizioso tra incentivi e divari di produttività, assistenza e sottosviluppo. E poiché si tratta di meccanismi complessi e discrezionali possono scattare pressioni clientelari. Da qui la proposta di preferire meccanismi automatici di assegnazione. Così come è preferibile, anziché spendere quattrini per colmare le diseconomie territoriali, spenderli per rimuoverle.