La ‘Ndrangheta è un marchio che vende

La ‘Ndrangheta è un marchio che vende

rosy canale      di ANTONIO CALABRO' - Oltre al danno atroce e sanguinario della presenza di cosche fameliche e agguerrite la Calabria subisce anche la beffa di speculatori che sul termine “Ndrangheta” costruiscono fortune e carriere.

Basta poco per rendersi eroici agli occhi di un pubblico solo parzialmente informato sui fatti. Bastano un paio di comparsate televisive,

magari in quegli orridi divulgatori di banalità che sono i salotti pomeridiani, e subito l’aureola della santità si accende sul capo di furbastri ambiziosi che in realtà hanno a cuore solo i propri interessi e una montagna di pubblicità gratuita.

Ci vuole poco, nell’era della superficialità diffusa, per diventare paladini dell’antimafia magari scavalcando anche chi alla guerra contro la malavita organizzata dedica vita ed energie a tempo pieno. Uno slogan di successo, un aneddoto ben costruito, ed è fatta. Subito gli allocchi nordici accolgono sotto la loro ala danarosa e frivola gli eroi, a colpi di servizi sulle pagine dei rotocalchi tra un topless, un fuoribordo, una conversione religiosa e le memorie del divo tossicodipendente. Costume, folklore, gossip, idiozia, nulla di più. Anche in questo la Calabria è terra di facile conquista.

Ridurre il fenomeno mafioso a barzelletta locale, oltre a sviare la comprensione del problema, oltre a danneggiare tutti i calabresi perbene, che continuano ad essere la stragrande maggioranza, significa anche dare fiato alle cosche stesse, sempre più impenetrabili nelle loro manovre autentiche, che non sono quelle descritte dai pagliacci finti -eroi, ma sono quelle che muovono montagne di denaro verso altri luoghi, dai paradisi fiscali al nord Italia, dalle civilissime nazioni europee alle repubbliche delle banane.

Pensare di far male alla ‘Ndrangheta con un balletto, con un libricino, con iniziative chiacchierone, è pura illusione. Certamente è importante tener desta l’attenzione sul problema, ma non ci si può atteggiare a super eroe solo perché si dice a voce alta quello che tutti sanno. I malandrini seri se la ridono delle voci, dei club, delle associazioni anzi, furbi come faine, spesso infiltrano questi meccanismi. Li sponsorizzano.

Fa comodo ai lupastri tenere alto e vivo il senso di pericolo che il loro nome infonde, non credete.  Il marchio ‘Ndrangheta ormai in Italia tira più della coca-cola. Gli eroi –professionisti dell’antimafia hanno il merito, in tempi di magra, di aver inventato questa nuova professione. Ma il fatto è che spesso la loro sacra missione ha come unico fine la fama, i soldi e la carriera.

Non resto stupito quando tra i tanti galantuomini anti-Ndrangheta ne arrestano qualcuno. Lo Sponsor vuole sacrifici, dovevano saperlo. E anche noi calabresi dobbiamo saperlo: l’unico modo per far del male alle cosche è toccarle nei soldi. Con gli spettacolini da due lire e con i discorsi retorici non si fa altro che tenere alto il nome di questo orrore. Provate invece a toccarli nei soldi e negli interessi, e allora si che vi trovate l’uomo nero sotto casa.

Il compito di affrontare il potere oscuro è delle forze dell’ordine e della magistratura. Sono loro che devono sfiancare la bestia e levargli la forza e il potere. Il compito nostro, di noi cittadini è una altro: è tenere un comportamento esemplare, non scendere mai a patti col diavolo, e accettare in modo consapevole la condizione di calabresi, senza chiedere sconti, cercare scorciatoie, o atteggiarsi ad eroi.

Più che di eroi, la Calabria ha bisogno di normalità. Il resto è spettacolo, cabaret, barzellette, sponsorizzate dal male, e dalla grande industria del consumo che tutto divora, persino il sangue.