di TIZIANA CALABRO' - Ci sono storie che solo a pensarle, le senti nello stomaco. Come un pugno, come un dolore che pulsa nel fondo dell’anima. Di rabbia e tristezza. E ti assale una fatica dolorosa, un terrore nebbioso che ti avvampa di disgusto. Chè costringe a guardare nel buio delle pulsioni senza umanità, senza discernimento, senza innocenza e pietà. Pulsioni che puzzano di costruzione fatiscente. Eppure occorre raccontarle certe storie, dare loro volto e respiro. Assordare chi vorrebbe piegare lo sguardo per non vedere.
Questa è una storia calabrese, anche se potrebbe essere accaduta in qualsiasi regione d’Italia. Il male non ha preferenze geografiche.
Lui ha 60 anni. E’ un dipendente pubblico dei servizi sociali a cui viene affidata una bambina di 11 anni. Vengono trovati in una casa al mare. Lui è condannato, in primo e secondo grado di giudizio, per avere compiuto atti sessuali ai danni della minorenne. Poi c’è il terzo grado. La Cassazione. La sua pronuncia ha un nome: 45179, e una data: 08-11-2013. L’Organo Supremo bacchetta la Corte di Appello. Non avrebbe spiegato perché, nel valutare la gravità del reato, non ha analizzato il “consenso” della minore, “l’esistenza di un rapporto amoroso, l’assenza di costrizione fisica, l’innamoramento della ragazza”.
Il giudizio è da rifare, ridefinire. Bisogna ragionare ancora sul “rapporto amoroso”, tra l’anziano di 60 anni e la bambina.
L’orrore fa paura a guardarlo, meglio ricoprirlo di uno strato spesso di parole. La bambina si trasforma in ragazza, l’abuso in relazione amorosa. E’ facile. Un gioco di prestigio.
Lo stesso gioco di prestigio a cui assistiamo tutti i giorni. Basta accendere la televisione, sfogliare una rivista patinata, leggere un serissimo giornale on line.
Ci vengono vomitate immagini, dove le donne sono svilite a corpi senza parola, bambole sexy svuotate della loro storia, manichini al servizio del prodotto da smerciare o di un divertimento vuoto. Dove le bambine sono manipolate come fossero adulte, contenitori asettici per far nascere il desiderio di prodotti inutili e illusori. Bambini adultizzati dalla miopia e disattenzione dei grandi, che invece si autoassolvono, tutte le volte che il ruolo primario di accudimento, cura, educazione, si inceppa. E diventa facile riversare, come estrema giustificazione alla propria inettitudine, la ferocia censoria sulle loro storie.
Ma ora basta. Sono stanca. Voglio ritornare dalla bambina di 11 anni, tradita dal mondo degli adulti. Voglio immaginare il suo corpo di undicenne correre leggero. Libero da qualsiasi peso. Immaginare la sua voce limpida e le sue risate. Immaginare che questo sia possibile, che ci sia per lei un abbraccio salvifico che le sussurri: “io sto dalla parte delle bambine, io sto dalla tua parte”.