di VITO BARRESI - Sovrapponendo le immagini della memoria (ché altri non si trovano in Rete) quando a luglio dell'anno passato arrivò il giorno della mietitura anche a Isola Capo Rizzuto, il territorio trincea di una guerra di mafia estrema e di lunga durata, bene avrebbe fatto Don Luigi Ciotti, che presiede le iniziative di Libera sulle terre confiscate alla criminalità locale, a recitare davanti a tutto il popolo isolano, non il solito discorso dell’antimafia e d’occasione ma un sermone più eretico e forte, la parola più scomoda e corsara, la lettera luterana più intrisa di rivolta, condannando non solo la mala pianta ma ragionando essenzialmente su come e quando cambiare a fondo il contesto in cui cresce la zizzania mafiosa.
"Il regno dei cieli? Si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Lasciate che l'una e l'altra crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio".
Quel giorno fasciato di luce mediterranea, fuoco celeste che bruciava la paglia di immemori usi civici, bandite di caccia del latifondo Barracco, brillava di gioia anche il volto di una donna, Caterina Girasole, allora sindaco del paese contadino e turistico. Ora Caterina, presunta sospetta che vanta la sua innocenza, abbandonata nella ristoppia dall'antimafia di professione, giace ridotta in solitudine, nell'ombra dei suoi tristi giorni agli arresti domiciliari. Una cittadina, vulnerata dalla sua stessa storia, su cui si attendeva e non si è udita, neanche flebile, la voce solenne del fondatore del Gruppo Abele e di Libera, don Luigi Ciotti.
E ci si chiede il senso, il motivo, la strategia più profonda di questo silenzio 'biblico' o evangelico che dir si voglia che cade proprio dopo quel primo raccolto che in retro report sembra segnasse effimere vittorie più che, invece, bonifiche integrali, di quel feudo d'omertà e d'inganno.
Perché, e senza più alcun forse, qui e non altrove andava arato col vomere, e non con l'aratro mediatico, il campo infestato, disseppellendo i cadaveri di vittime innocenti, umili caduti in una guerra incivile, storicamente troppo sottovalutata, cinicamente strumentalizzata da certo stato che fu connivente, certa politica di stampo 'ndranghetista. Gli impuniti e gli intoccabili anche quando grondava sangue di comunità intere, ceppi di paese, famiglie e parentele, non solo di Isola Capo Rizzuto ma dell’intera Calabria.