
Scrivo in qualità di madre di una ragazza disabile di 23 anni. Mia figlia, autistica, da un paio di anni frequentava la piscina del Parco Caserta, chiusa ormai dal mese di agosto dello scorso anno.
I benefici sull’umore e sull’apprendimento derivanti dall’acqua per i portatori di handicap sono cosa nota. Insieme a lei anche altri ragazzi con varie disabilità, anche motorie, erano amorevolmente seguiti da volontari che, con serietà e passione, ormai da molto tempo trovavano ospitalità nella struttura.
Precedentemente questi ragazzi avevano frequentato la Piscina del Coni sita nelle adiacenze dello Stadio O. Granillo. E’ storia recente della nostra città la triste fine della citata struttura, privata delle più elementari opere di manutenzione e, in ultimo abbandonata a se stessa e chiusa perché ormai impossibilitata a garantire le più basilari norme igienico-sanitarie. Quando è stato inaugurato l’impianto sportivo del Parco Caserta, dotato di ampi spazi esterni, punto ristoro, palestre e piscina si è pensato di aver trovato il luogo ideale affinché questi ragazzi godessero di tutti quei benefici che lo sport garantisce a tutti.
Invece, l’amara sorpresa: in merito all’inchiesta Archi-Astrea, si decide la revoca della concessione alla società Paideia che, per conto del Comune, gestiva l’impianto sportivo. Il Tribunale non decide per l’amministrazione controllata quindi, nei fatti, la struttura rimane chiusa.
I lavoratori restano a casa, gli utenti pure, i disabili peggio di tutti.
Perché, se un soggetto normo-dotato può pensare di cambiare struttura, fare un altro sport o altro ancora, per un disabile è difficilissimo se non impossibile trovare altra collocazione. Un autistico, in particolare è abitudinario all’ennesima potenza, non entrerebbe neppure trascinato in una piscina che non sente “sua”. Senza considerare, inoltre, tutte le difficoltà riscontrate per garantire lo “spazio acqua” a ragazzi che, invece, al Parco Caserta erano stati accolti con amore.
La Paideia fa ricorso al Tar, lo perde, la struttura continua a rimanere chiusa, in balia degli agenti atmosferici, priva di manutenzione, all’esterno le erbacce crescono e la cura di un tempo è solo un pallido ricordo. Nel frattempo nessuno si fa avanti, il Comune tace, la Provincia pure, a nessuno sembra importare nulla il disagio di tutti coloro che, senza colpa alcuna, si vedono all’improvviso privati del diritto di fruire di una struttura che, fino a pochi mesi prima, consideravano una “seconda casa”.
Il 30 di questo mese ci sarà la decisione del Consiglio di Stato relativa all’informativa antimafia che ha colpito la società Paideia, e dopo quale sarà il destino della struttura?
Il mio appello è che si faccia di tutto, al di là delle decisioni del Tribunale, affinché la struttura venga, da subito, sottoposta a interventi di manutenzione, pulita e tenuta pronta per una celere apertura.
Mi rivolgo ai commissari, giunti a portare la legalità in una terra martoriata e bisognosa, intervengano in prima persona e si facciano promotori degli interessi di tutti quei cittadini che, per motivi di svago o di salute frequentavano la struttura. Ma anche di tutti coloro che abbiano a cuore le sorti di questa città sempre più abbandonata e svilita, privata di tutto: della cultura, dello sport e della speranza nel futuro.