di ALDO VARANO - UNO. A Gioia Tauro e in Calabria c’è paura per le armi chimiche. Ed è paura giustificata. Ne sappiamo troppo poco e ci difendiamo con un: no, grazie. Siamo irrazionali? Forse. E’ colpa di chi non ci dice come stanno veramente le cose.
Da Gioia Tauro in queste ore, arriva il cattivo odore di servizi internazionali e gruppi avventurieri,
di notizie taciute, di trafficanti di armi e furbizie consumate perché: tanto lì in Calabria si può far quello che si vuole, dato che i politici, tutto il mazzo, contano il due di coppe quando la briscola è spade e si “mettono a disposizione” flettendosi con entusiasmo per accumulare benemerenze quando altri schioccano le dita.
Invece siamo popolo, anche qui in Calabria. E’ intollerabile venir trattati come sudditi.
DUE. C’è un carico di 560 tonnellate di materiale chimico da distruggere: residui dei massacri siriani. La notizia è buona per il mondo e per la pace. L’operazione, che è multinazionale, verrà gestita dall’Opac, un’organizzazione per la proibizione delle armi chimiche che nel 2013 ha avuto il Nobel per la Pace. L’Opac ha strappato una convenzione che vieta agli stati di liberarsi della armi chimiche buttandole a mare: un crimine contro tutti gli esseri viventi, umani e no. I porti di mezza Italia, conosciuta la notizia si sono ribellati con un sonoro: da noi no. Anche a Gioia Tauro. L’hanno fatto anche i sindaci di Gioia e San Ferdinando minacciando la chiusura del porto.
TRE. Eravamo qui arrivati, anche noi pronti a mobilitarcicoi sindaci, quando nel corso si una audizione del direttore dell’Opac al parlamento italiano sono iniziate a trapelare briciole di verità. Ha aiutato il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Lupi - Ncd come Scopelliti - che da nessuno smentito, ha scandito: “Non tutti i porti possono trattare il trasbordo di materiali di questa classe”. Ed ha aggiunto: “In due anni, nel 2012 e 2013, Gioia Tauro ha trattato prodotti analoghi movimentando 3000 container. Facendo una media, parliamo di 1500 container l'anno”. Questa la realtà mentre si sta facendo tanto clamore per trasbordare “solo” 60 container, quantitativo, se è vero quel che dice Lupi, che in media viene lavorato da anni ogni cinque giorni.
Gioia non sarebbe stata scelta perché qui si può fare di tutto e di più. Ma perché, cito ancora Lupi, “Il porto di Gioia Tauro rappresenta un'eccellenza e il trattamento di una tipologia di merci pericolose, come quella in cui rientrano le armi chimiche siriane, è una ''specializzazione'' dello scalo”. Il segretario dei portuali di Gioia, Nino Pronestrì, sembra confermare la “professionalità” e la “specializzazione” di cui parla Lupi e spiega che il sindacato non è contro “a prescindere” ma cerca garanzie sufficienti per l’incolumità dei lavoratori. Sembra uno che sa di quel che parla.
QUATTRO. Nel ringraziare il ministro milanese che dice la verità ai calabresi trattandoli da adulti e non da ragazzini scemi, c’è da chiederci: perché solo in questa occasione e solo da una voce “estranea” al Sud la Calabria viene a sapere qualcosa dei traffici di Gioia Tauro? Perché gli altri hanno subito detto Gioia Tauro come se tutti sapessero che lì chimica e armi si trattano abitualmente? E chi ha decuiso per noi questa “specializzazione” del Porto?
A Gioia appena si intercetta un po’ di cocaina, che non si capisce mai se diretta in Calabra o di passaggio e, se di passaggio, non si dice mai come intercettata, la notizia finisce con grande evidenza sui giornali con foto e sorriso di tutti quelli che fanno la “brillante” operazione. E dei prodotti chimici pericolosi mai una parola o un solo articolo? E oltre ai prodotti chimici Gioia quale altre merci ad alto rischio o non proprio pulite vengono trasbordate?
Un tam-tam di indiscrezioni e pettegolezzi da anni giura che da Gioia passa la parte più massiccia degli affari miliardari (di molti miliardi) del traffico di armi che i venditori di morte e di guerra dirottano verso i paesi arabi che ne hanno bisogno, vuoi per le Primavere vuoi per i massacri che si consumano in quell’inquieta parte del mondo. In cambio, dicono i pettegolezzi, filtrerebbe qualche soffiata su una parte (piccolissima, come ammettono gli stessi investigatori) del traffico di droga. Insomma, tutti felici e contenti con una specie di “cavallo di ritorno” che funziona alla perfezione. Nessuno può giurare che sia vero. Ma la voce c’è ed è antica. Del resto se un ministro dice che transitano a pieno ritmo merci da fare impallidire la pericolosità della missione Siria (che è di pace), non sarebbe doveroso avvertire la Calabria e i calabresi?
CINQUE. Chi sapeva dei 1500 container l’anno di cui c’ha informato il ministro Lupi? I sindaci e i cittadini di quel territorio? I sindacati dei lavoratori? Pare di no. Il presidente della Provincia Raffa? Sta urlando contro 60 container, difficile sia rimasto zitto per 3000. Il presidente Scopelliti, i deputati e i senatori? E perché, in questo caso, sono rimasti tutti e nessuno escluso zitti?
SEI. Lupi - ripeto: gliene siamo grati - ridicolizza tutti, perfino la nostra indignazione. Ci fa scoprire che la Calabria viene da anni considerata territorio occupato privo di sovranità attraverso un ceto politico fantoccio costretto a ubbidire ai potenti per poter restare a galla. Accade in barba al proclamato amore che le classi dirigenti calabresi, e il ceto politico che esprimono, giurano per la nostra terra a ogni piè sospinto. Diciamolo francamente e con dolore: più che innamorati e amanti ricordano i magnaccia.
SETTE. Da oggi in avanti nessuno potrà escludere che il giocare basso sul porto di Gioia Tauro da parte della Regione Calabria e delle istituzioni calabresi non sia necessario per continuare a garantire al porto mano libera non alle cosche ma la dominio di ben altre potentissime forze che solo in queste ore, e solo per combinazione, si cominciano a intuire.