di IDA NUCERA - Monsignor Bregantini arcivescovo di Campobasso Bojano , in una Locride sprovvista di vescovo, ha fatto visita al Piccolo Eremo delle Querce in S. M. di Crochi, tra le montagne di Caulonia. Dieci anni fa le monache decisero di seguire la vocazione degli antichi monaci basiliani,
nella preghiera, nel lavoro e nella condivisione con la gente dell’entroterra. La sera di giovedì 16, il vescovo ha tenuto, prima della messa, una riflessione sul tema “La gioia dell’evangelizzare nella Locride. Una chiesa dalle porte aperte”. Ho potuto accompagnare per un tratto padre Giancarlo cogliendo le sue impressioni, seguendo da vicino i suoi incontri. Un privilegio che ha consentito una cronaca altra, con spazio anche all’onda delle emozioni.
Padre, quando torna in Calabria, anche a rischio di ritardare il suo percorso si preoccupa d’incontrare i suoi amici speciali, come Mimma, conosciuta tanti anni fa a Lourdes e molti altri sofferenti. Perché non rinuncia mai a questi momenti?
Nessuno deve dimenticare il suo passato. Anzi, deve valorizzarlo. Mimma la conosco da quasi venti anni. Attraverso la sua preghiera e l’offerta del suo dolore mi sostiene. Le affido i casi più difficili, come quelli dei sacerdoti in difficoltà. La sua preghiera non è mai vuota. Lei si sente coinvolta. Questo fa sì che non soffra invano. La cosa più brutta al mondo è soffrire soli, senza scopo. Ricorda Santa Teresina che pregava in clausura per i missionari, anche lei viveva una forma di distanza dal mondo. Testimoniano come si possa fare molta strada interiormente. E riescono a farla fare anche agli altri. Da soli non siamo mai protagonisti. Siamo insieme agli altri e chi soffre ci accompagna. Pensiamo chi è in ospedale, in case di riposo, in carcere. Dare uno scopo alla sofferenza è togliere la rabbia.
La rabbia è cresciuta nel mondo. Sembra incontenibile.
E’ cresciuta l’assurdità del nostro sistema sociale. Oggi chi è garantito è garantito. Chi è salito sul treno è dentro e non vuole uscire; chi non ce l’ha fatta, è fuori. I nostri figli sono sempre più fuori. C’è una difesa assoluta di ciò che si ha e nessuna condivisione.
Cosa prova appena il treno dal finestrino le mostra il paesaggio calabrese, gli uliveti, il mare, il cielo limpido e terso?
Molta emozione, ho pensato a quando ero qui e l’inverno non si sentiva. A gennaio c’è già il mandorlo in fiore. Questa esperienza mi fa dire che questa terra è un dono di Dio, amata e benedetta da Lui.
Ma la Calabria, lei lo sa, è anche altro. Alcuni anni fa, durante la stesura del libro “Sette lampade tra le pietre e le stelle”, le rivolsi una domanda sull’inquinamento con sostanze nocive in Aspromonte. Nessuna prova ma le scoperte nella Terra dei fuochi fanno temere ancora di più. La mala pianta mafiosa pone a rischio la nostra terra senza scampo?
Ci sono tre cose incredibilmente strane in questa vicenda. Intanto lo strapotere della malavita. Stando a quello che si sa, non capisco il comportamento della magistratura: se sapeva da molti anni perché ha criptato queste dichiarazioni? Se è vero che 15 anni fa si sapeva, è gravissimo, non sono cose da criptare Il giorno dopo bisognava avvertire il sindaco, coinvolgere la gente, scavare e verificare. Se è vero, si sarebbero potuti evitare molti guai, perché evidentemente i veleni hanno lavorato. Infine, è curioso che i paesi non abbiano risposto. Solo adesso, grazie a don Patriciello e altri, la gente ha iniziato a fare sua questa problematica. Quando il territorio lo senti tuo, nessuno lo viola. Siamo legati alla logica del mio, la crisi ha ripiegato l’uomo su se stesso.
Vede qualche possibilità di venirne fuori da questa crisi che tocca l’uomo nel suo profondo?
Vediamo il papa, lui viene da una terra segnata da una crisi più grave della nostra. Ma proprio lì, lui ha imparato un metodo opposto al nostro: la coperta è corta ognuno si arrangi. Invece, lui dice: io sto con i più poveri. Loro aiutano me, mi purificano; io aiuto loro che diventano i miei maestri e insieme condividiamo la realtà. La crisi è affrontata. Imparo a essere più sobrio, divento più solidale, capisco di più il vangelo, instauro alleanze autentiche e non interessate con le persone.
La sua riflessione nella Locride ha preso spunto dall’l’Evangelium gaudium” di papa Francesco
Si può vivere sereni anche con meno, è più importante la persona dello spread, ci insegna il papa. La finanza uccide l’economia e così uccide il lavoro. I soldi sono gestiti da pochi per interesse di pochi. Una santa ribellione a questo sistema è necessaria, ci dovremmo mobilitare. Non significa bruciare la Borsa, ma non occorre dire tutti i giorni che lo spread sale, ma fermarsi sui problemi veri della gente.
Lei ha parlato del rischio che una Chiesa ansimante che incapace di stare al passo lasci solo Bergoglio. Rimarrà solo il papa?
Il papa non resterà solo. Non solo, ma davanti. Davanti deve esserlo. Non potrà essere imitato in maniera plateale. Sarà come Gesù.
I giovani spesso le chiedono di parlarle e lei li incontra sempre. Una scelta pastorale di attenzione alle esigenze dei piccoli, dei poveri, degli emarginati, categorie oggi incarnate dai giovani.
Il problema dei giovani è il più difficile da risolvere. Conosciamo drammi, lacrime, rabbia. Se San Francesco tornasse oggi non abbraccerebbe più un lebbroso ma un giovane precario, da anni licenziato e ripreso: 6, 3, stages non pagati. Bisogna prendere contatto con questa realtà, imparando tre cose. Ho molto valorizzato il brano di Lc 5 dove Gesù vede le reti vuote di Pietro. Davanti alle reti vuote, Gesù ci insegna un metodo. Prima si siede sulla barca e insegna, cioè la formazione, la scuola, le idee, la verità, gli obiettivi, le motivazioni. Poi dice: gettate le reti, gioca in alto, cioè il coraggio, il rischio di reinvestire da parte di chi crede nel futuro dei ragazzi; non a parole, ma con i soldi investiti per loro. La vicinanza del mondo dell’imprenditoria, l’artigianato, i contadini che mandano le arance in Trentino. Ci sono delle belle esperienze oggi: il coraggio sta premiando. Con lo studio tu impari l’idea, con il coraggio la metti in pratica. Ma c’è un altro aspetto importante. Quando la barca si riempie, una delle due chiama l’altra in aiuto. Ecco la reciprocità, la solidarietà. Tre cose decisive: l’innovazione, il coraggio per intraprendere, la solidarietà tra le esperienze. Tutto questo ci chiede di valorizzare il territorio, mettere in rete le cose belle, farne parlare i giornali. Non è detto debba franare tutto. C’è anche la roccia. Dove c’è la roccia c’è Cristo, c’è Pietro che è chiamato a confermare. Anche il vescovo, i genitori, i giornalisti. Bisogna confermare, oggi, capisci?
*foto di ANNA TAFURO