Egregio dott. Varano, ho letto su Zoom Sud il suo articolo " Armi, droga e il buco nero di Gioia Tauro". La seguo spesso. Condivido alcuni passaggi del suo scritto: punti 1 , 2, 3 e in parte il 4. Ma non il 5 e i successivi 6 e 7 che ne discendono.
E le spiego (tecnicamente) il perché: il traffico di merci via mare è regolato dal codice internazionale IMDG CODE, il quale fornisce una classificazione, appunto internazionale, delle materie pericolose e prevede meticolosamente le misure di safety (sicurezza nella lavorazione) e security (sicurezza da atti terroristici et similari) alla stregua dell’omonimo codice ADR che regola invece il trasporto di merci pericolose su strada.
Lei si chiede chi è che sapeva o doveva sapere dei 1500 container che annualmente transitano per lo scalo gioiese: la domanda è mal posta e, mi permetta, anche sorprendentemente inutile. Mi spiego: il traffico quotidiano di sostanze pericolose negli scali come quello gioiese rientra nella più totale normalità: la garanzia del rispetto delle misure di sicurezza previste, ovviamente monitorare e verificate con continuità dagli organismi istituzionalmente preposti, evidentemente anche internazionali, ed in primis le Autorità Portuali e le Capitanerie di Porto , è semplicemente condizione essenziale per il funzionamento del porto.
Non sono informato sull’attuale assetto della Commissione Consultiva Locale prevista statutariamente
(http://www.portodigioiatauro.it/struttura.php?id=1) e paradossalmente mi auguro che non sia funzionante, perché altrimenti sarebbe davvero grave se i rappresentanti degli Enti Locali facenti parte di diritto della Commissione non sapessero cosa viene effettivamente ma normalmente trasbordato dalle navi che fanno scalo a Gioia Tauro!
Ciò significherebbe che chi amministra la Piana è convinto che il porto di Gioia serva solo a movimentare patate, ananas e forse qualche TEU di televisori e telefonini. Gravissimo!
Un’ultima considerazione: tra le merci che possono transitare in accordo con l IMDG Code, vi sono anche quelle di classe 7 (materie radioattive), ben più pericolose di quelle che costituiscono i prodotti (debitamente e preventivamente disinnescati) delle famigerate armi chimiche siriane (classe 6.1 materie tossiche). Provi a spiegare ai suoi lettori che si tratta delle stesse sostanze e componenti che vengono usate in tutta Europa per la medicina nucleare e a scopi diagnostici nelle malattie tumorali: se si dispiacciono così poco per i morti siriani forse si convinceranno che hanno una convenienza personale all’attività del Porto di Gioia Tauro.
PS: perché non pretendere, ad esempio, che l’Autorità portuale pubblichi sul proprio sito le misure di sicurezza per i rischi delle popolazioni residenti derivanti dalla movimentazione delle merci pericolose?
Le hanno
Saluti cordiali, lettera firmata
P.S. In allegato il link della guardia costiera e uno tecnico dove trova la lista delle merci pericolose autorizzate al trasporto navale
http://www.guardiacostiera.it/servizi/circnazdetails.cfm?serie=merci%20pericolose
http://www.mit.gov.it/mit/mop_all.php?p_id=07114
Ringrazio il nostro lettore che ci fornisce notizie preziose. Il numero cinque del mio articolo, da cui singolarmente prende le distanze, sosteneva che era impossibile che la politica locale non sapesse come stavano le cose e che se non lo sapeva si era macchiata di incapacità. Non mi pare una tesi molto diversa da quella che sostiene lui. Le discussioni, in ogni caso, aiutano sempre quando c’è onestà intellettuale e voglia di capire.
Il nostro lettore ci spiega, con competenza che mi pare saldamente tecnica, che quel che sta accadendo a Gioia è l’abc di quel che accade tutti i giorni nei porti di un certo livello dove la qualità e pericolosità delle merci che possono essere manovrate si conoscono in precedenze e non c’è certo bisogno di decidere di volta in volta cosa accettare e cosa no. E' tutto predeterminato. Sarebbe curioso se una nave che arriva dall'altra parte del mondo debba, una volta arrivata spiegare cosa trasporta e chiedere se in quel porto può trasbordre o meno. C'è da chiedersi in quale cavolo di mondo vivono i nostri indignati amministratori. Per questo ad occhio e croce sono d’accordo con le argomentazioni del nostro lettore. E’ però impossibile tacere che la politica locale, direttamente e personalmente coinvolta nella Commissione Consultiva Locale del Porto sancita da legge dello Stato anziché spiegare come stavano le cose abbia deciso di cavalcare l’onda emotiva dell’opinione pubblica giustamente preoccupata perché tenuta all’oscuro delle cose di cui loro non potevano, se non per sciatteria e propria colpa, essere all’oscuro.
Un ultimo punto. Sul sito del Porto c’è scritto che dal 2010 la Commissione consultiva è sospesa in attesa che le categorie nominino come prevede la legge i propri rappresentanti. In precedenza in quel Comitato sedevano, c’è scritto sul sito ufficiale del porto, tra gli altri, il Governatore Scopelliti e il presidente Raffa, il sindaco Bellofiore di Gioia e quello di San Ferdinando Madafferi, e altre personalità politiche di tutti gli schieramenti politici. Tutti sapevano quali merci possono passare e quali no e a quali condizioni e, immagino, avessero perfino capito come funziona un porto. Non facciano ora i finti tonti. Infine desta perplessità che tanti amanti dei propri territori non si siano dati da fare per imporre il ripristino della Commissione e poter controllare impedendo eventuali abusi. (alva)