di VITO BARRESI -
La pioggia scrosciava con violenza nell'ora d'aria proprio al centro del cortile del penitenziario quando un commando armato, erano le 15.50, ha assaltato un furgone della polizia penitenziaria a Gallarate, in via Milano, nei pressi del Tribunale per fare fuggire un detenuto, Domenico Cutrì, ergastolano, calabrese di seconda o terza generazione, condannato per l'omicidio di un polacco.
C'è stato un morto rimasto sulla strada. Lo riconosceranno dopo, il fratello dell'evaso, Antonino Cutrì. Colpito durante il conflitto a fuoco. Alla madre è toccato portare il figlio senza vita all'ospedale di Magenta, come adesso resterà scritto nei verbali della Ps varesina.
La fuga, l'evasione, la libertà strappata con sangue e violenza, sono sempre l'altra faccia incandescente e ustionante dell'identità reclusa, quel lato oscuro in cui galleggiano i desideri reconditi e ossessivi dell'universo carcerario, il tormento psicologico di tante storie bruciate.
Altrimenti quale sarebbe il sogno di un prigioniero, l'inconscio profondo, se non quello di aprire porte, abbattere muri, divellere gabbie anche quelle immateriali, scappare per sempre dalla propria condanna, per il mezzo di quest'illusione?
Solo nei primi sei mesi del 2013 sono state attuate 6 evasioni da strutture di pena, 20 da permesso premio, una da lavoro esterno e 7 dalla semilibertà. Ecco il punto. Tutto ciò che manca a questa ennesima e tragica sceneggiatura è soltanto la consapevolezza che il carcere non può essere una tomba, per nessuno anche per il più feroce criminale, uno spazio da cui bisognerebbe esclusivamente evadere.
Gallarate è un carcere situato in un punto nevralgico, crocevia di un'immensa zona metropolitana del nord Italia. Fa freddo tra corridoi paralleli, lungo braccia laterali che stringono il gelo, dove aleggiano le visioni rettangolari dei detenuti che obbligatoriamente sbucano in fatue vie di fuga, nascondendo dentro il desiderio amaro della libertà, sempre un progetto possibile d'evasione.
Ovunque adesso è braccato il carcere proietta nel fuggiasco un trailer già visto: brande, oggetti, ricordi di una famiglia perduta, fotografie di amici e cartoline e poster di comunità e uomini sconosciuti. Comprese quelle del fratello fulminato dal piombo, esamine sulla strada della sua sciagurata e temporanea libertà. Anche quando domani il vento solleverà con rabbia la polvere di ricordi rimasti negli angoli più sofferenti della propria, ultima cella.