di MASSIMO ACQUARO - Gratteri ha, comprensibilmente, eretto un muro di silenzio. D’altronde cosa avrebbe potuto dire. La vicenda è nota. Renzi lo avrebbe voluto ministro della Giustizia, ma ha dovuto fare i conti con un’antica consuetudine che esige che un magistrato in servizio
non possa sedere in via Arenula. Ieri, in un’intervista all’Annunziata, il braccio destro del premier, Delrio, ha confermato l’accaduto e non ha fatto mistero dell’amarezza del procuratore Gratteri, stoppato da Napolitano ad un passo dalla nomina. La cosa potrebbe chiudersi lì, se non fosse per qualche riflessione che riguarda più direttamente la Calabria.
Delrio lo ha detto senza misteri: la presenza di Gratteri serviva a premiare quella parte del Sud che combatte la mafia e svolge con coraggio il proprio compito tra mille difficoltà. La casella è rimasta vuota e la scelta da Gerace (la bella cittadina dove il procuratore vive) si è spostata di qualche chilometro a Monasterace (dove è stata sindaca la ministra Lanzetta). Tutto chiaro, mi pare. La neo ministra era dalla parte di Civati sino a poche ore prima, aveva votato contro Renzi (insieme a pochissimi altri) nella direzione del PD che aveva deciso di defenestrare Enrico Letta: ma la casella Antimafia era drammaticamente vuota.
E’ chiaro che l’offerta di Renzi a Gratteri di trasformarsi in consulente di palazzo Chigi per gli «affari di mafia» non può essere accettata dal magistrato calabrese. Il ricordo della fine toccata a Ingroia è troppo recente per non aver alimentato la paura di finire bruciato nel falò degli spot della politica nazionale. Quindi un giusto silenzio tombale.
E’ un peccato, lo diciamo con sincerità, che Gratteri abbia mancato l’appuntamento con il ministero della Giustizia. Ed il rimpianto è ancora più forte se si riascoltano le parole di ieri di Delrio. In poche battute ha enunciato quale fosse il programma già predisposto dal magistrato antimafia. Un punto era apparso importante: Gratteri è fuori dalle correnti della magistratura italiana e avrebbe aggredito le caste che in essa si annidano. Questo ha detto Delrio, parola più parola meno.
Ed, in effetti, si ha l’impressione che il magistrato antimafia non sia molto amato tra i suoi. Lo si era visto quando divenne procuratore aggiunto di Reggio (solo la rinuncia di un suo collega a quel posto per diventare procuratore a Palmi liberò la casella che per lui non era sata conteggiata dalle correnti del CSM) e lo si è visto per la nomina a procuratore della Repubblica di Reggio Calabria (ove ebbe il solo voto di un laico di centrosinistra) e fu costretto a ritirare la domanda in favore di un più agguerrito Cafiero de Raho.
E’ un punto importante, Gratteri, come Falcone, come Ingroia, come Di Matteo ed altri, non è amato dai suoi colleghi, mentre gode di una meritata stima e fama presso la pubblica opinione e la politica. Delrio ha escluso qualunque veto sulla sua nomina da parte di Alfano (leggi Scopelliti) ed il consenso di Renzi è stato sincero e appassionato. Perché questo accade? Quale maledizione impedisce alla magistratura italiana di riconoscere il valore dei propri migliori? Difficile a dirsi. A sentire alcune toghe è il normale tarlo dell’invidia, dell’omologazione al ribasso, del rassicurante correntismo. Se veramente fossero premiati i più bravi, i quattro o cinque sindacati delle toghe che ci starebbero a fare, quali posti e quali carriere potrebbero gestire?
Una conclusione quindi. La passione di Renzi per Gratteri era importante perché si era rivolta ad un prestigioso magistrato antimafia, ma anche perché intendeva por mano in un’ottica nuova ai problemi della magistratura italiana. Sbaglia chi pensa che fosse una foglia di fico per la drammatica assenza del Sud nelle politiche renziane. Certo copriva il fronte importante della lotta alla mafia con una scelta di prestigio, ma soprattutto lasciava intendere che la magistratura italiana sarebbe stata rivoltata come un calzino dal dr. Gratteri. Forse ha ragione chi ha scritto che a festeggiare per il veto del Quirinale siano stati innanzitutto tanti colleghi di Gratteri, nemici vicini e lontani.