La peggiore regione d’Europa nella prevenzione ai terremoti è la più pericolosa del continente come potenziale sismico. Politica latitante, abusivismo incalzante e moralismo di facciata, gli ingredienti micidiali di questa alchimia.
Trafitta dalle faglie ed afflitta da istituzioni deficitarie e mentalità aberrante. In Italia di norma, ogni 5 anni, si verifica un terremoto di magnitudo prossima o superiore ai 6 gradi Richter: eventi che altrove conterebbero i decessi in due mani appena, da noi contabilizzano ogni volta centinaia di morti e miliardi di euro di danni immediati. Perché quelli successivi e reiterati, per quelle attività produttive che non ripartono tempestivamente o non ripartono affatto, non sono mai quantificati con rigorosa metodicità, ma riverberano implacabilmente il loro danno già nel breve termine.
Ogni sisma, diventa così l’occasione per assistere alle esternazioni di politici locali e nazionali, attenti a rivendicare il loro status o semplicemente la loro presenza, enumerando la quantità di edifici pubblici sprovvisti delle certificazioni sismiche o degli aggiornamenti tecnici. Il caso degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, la cui precarietà strutturale odierna non necessita di visionare le angoscianti perizie tecniche ma si offre alla vista con armature corrose e cementi esplosi da oltre un quindicennio, è stato rimbalzato dal consigliere Zimbalatti, lesto a far parlare di sé con l’annuncio della mancanza, per il nosocomio reggino, del certificato di idoneità sismica aderente alle normative vigenti.
Il capolavoro dell’ovvio, è andato così di nuovo in scena: l’elenco di edifici pubblici comunali e privati in possesso delle certificazioni vigenti, si riduce all’osso per un motivo semplice: la classificazione delle zone sismiche è stata realtà solo dal 1974. La maggior parte delle costruzioni oggi fruibili dalla collettività, furono edificate prima di quella data. Lo stesso nosocomio reggino, è stato iniziato nel 1967 e completato nel 1975.
Nel 1976, all’indomani del terremoto che colpì il Friuli, furono decretate le prime normative sismiche per la costruzione degli edifici. Reggio Calabria infatti, resta in Italia una delle città col parco edifici più vetusto fra quelli destinati ad uffici ed enti. Eloquente in questo senso, è stata la dichiarazione rilasciata dal magnifico Rettore della facoltà di Architettura alcuni mesi addietro, quando annunciava la demolizione degli alloggi mai abitati del proprio ateneo, completati un decennio fa sul Torrente Annunziata. Gli immobili, benché di concezione molto più avanzata rispetto alla maggior parte degli edifici pubblici regolarmente utilizzati, non rispondono alle ultime normative sismiche introdotte nel 2008 e poi implementate nel 2009, all’indomani del sisma de L’Aquila. Causale sufficiente a spingere il numero uno dell’ateneo reggino, a decretarne la futura distruzione.
Peccato però, che la stragrande maggioranza delle strutture pubbliche, non rispondano non alle ultime, ma a nessuna o a molteplici normative dei LL.PP in materia di terremoti. E’utile ricordare inoltre, che le scuole, al pari degli ospedali e delle caserme, sono considerati dei luoghi rifugio, che diventano centri di assiemaggio di persone in caso di eventi naturali disastrosi. Una misura, quella assunta per gli alloggi di Architettura, decisamente all’antipodo rispetto alle micidiali deroghe concesse invece dalla nefasta legge regionale Mille Proroghe, che ha assurdamente consentito a migliaia di edifici pubblici calabresi, fra cui il nosocomio di Mormanno, di non essere aggiornato rispetto alle proprie modeste caratteristiche resistenziali. Serve ricordare, che proprio l’ospedale di questo comune dell’alto cosentino è rimasto seriamente danneggiato nel 2012 dopo un sisma di circa 5 gradi Richter, decine di volte più tenue di quello occorso nell’Italia centrale pochi giorni fa. Questa assurda legislazione, finanche disattesa oltre i termini ultimi del 2013, non prevede alcuna sanzione per soggetti pubblici o privati che non siano conformi alle normative tecniche in vigore.
Né può sorprendere che non esistano la stragrande maggioranza dei piani di evacuazione dei comuni calabri: la maggior parte dei piani infatti, sarebbe redatta su centri urbani prevalentemente abusivi, motivo per cui la non rispondenza delle costruzioni alle normative minime, può mettere solo in imbarazzo ma mai in regola, anche per questo aspetto, le istituzioni locali. Aver lasciato costruire e poi condonato palazzi adiacenti, diversissimi per mole, elasticità e composizione e divisi da strade d’accesso impervie e ben più anguste delle misure minime previste dalle norme di evacuazione ( e di buon senso), porta oggi all’impossibilità di redigere un piano di soccorso rispondente o semplicemente credibile. E quei cittadini che oggi gridano allo scandalo per gli edifici pubblici a rischio, sono gli stessi che hanno costruito il 65% delle loro case in zone vietate e con tecniche e volumi difformi. Insomma, se Sparta piange, Atene non ride. Quando si dice che la politica è lo specchio della popolazione, si può trovare in questo elemento il più forte legame fra pochezza della mentalità comune e quella parallela delle istituzioni.
L’aspetto che Zimbalatti non propone o non conosce, alla stregua degli altri politici locali, è che gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, semplicemente, non sono mai stati neanche regolarmente mantenuti con interventi che rispondessero a criteri di decenza e coscienza. Il telaio di cemento armato infatti, da circa 20 anni, simile come tipologia a quelli ancora impiegati su larga scala nell’edilizia pubblica e privata, mostra un usura non solo corticale bensì strutturale, di grave entità. Se solo si fossero ri-incamiciati i pilastri e le travi quando la corrosione e la carbonatazione del cemento di rivestimento erano ancora allo stato primordiale, adesso le strutture non sarebbero ammalorate in maniera tanto avanzata e quindi offrirebbero una buona resistenza statica residua. Se gli interventi minimi fossero stati effettuati nei tempi giusti insomma, avrebbero avuto un costo sostenibile ed una resa accettabile. Quando l’azienda ospedaliera riporta di non aver potuto ottenere la certificazione sismica per l’insussistenza di vari fattori, non rivela però cosa sia scritto nella relazione tecnica di inidoneità: il sospetto infatti, è che la struttura non solo non adempia alle norme più recenti per la sua vetusta progettazione, aspetto ovvio risalendo ad oltre 40 anni fa, ma che sia stata messa all’indice per la pessima manutenzione delle armature. Come si possa pensare di far restare l’Ospedale in quelle condizioni fino alla costruzione del nuovo, rimane un mistero. Ed uno scandalo insieme. Per quale motivo non si sia provveduto a non ripristinare tempo quantomeno gli elementi strutturali già deteriorati, rimane il rebus più angosciante. La storia dei terremoti recenti, insegna che anche strutture armate non concepite secondo le ultimissime tecnologie, se ben conservate, possano assolvere alla loro funzione resistenziale. Come dimostrano migliaia di esempi in materia. Pericolosa risulta oggi, l’ inerzia dimostrata da tutte le varie governance dell’azienda ospedaliera alternatesi negli anni, che non hanno provveduto ad una manutenzione degli assi portanti neanche in misura minima. Molte strutture dei secoli scorsi, quando ancora certe conoscenze sui sismi e sulla risposta degli edifici erano molto di là da venire, hanno resistito a violenti eventi tellurici, pur senza annoverare soluzioni applicate solamente decenni dopo, semplicemente basandosi su uno stato di conservazione ottimale. Questo aspetto, è uno dei primi delle linee guida contro i terremoti rilanciati da Giappone e California. Le armature di base degli OO.RR, rilevano infatti, nelle fratture della camicia copri ferro di rivestimento, una buona presenza di tondini di ferro, del tipo però liscio e non zigrinato o ad aderenza migliorata. Le troppe superfici metalliche lasciate corrodersi per effetto degli agenti climatici, hanno peggiorato inesorabilmente un quadro tecnico già deficitario in sede di progetto. Eppure, oltre un milione di euro per realizzare nel nuovo Pronto Soccorso è stato investito, mentre negli anni decine sono stati i milioni transitati dalle casse delle varie Aziende Ospedaliere, con investimenti non sempre dimostratisi corretti o scevri da abusi e brogli vari. Inquietante è oggi, osservare il fabbricato mediano e quello adiacente al vecchio nosocomio degli OO.RR: pilastri e travi completamente sgretolati, ormai incapaci di assolvere alla loro funzione di resistenza agli scuotimenti tipici di un sisma. Quella struttura di calcestruzzo armato, se ben conservata, avrebbe forse potuto resistere ai 6,5 gradi Richter imposti dalla legge oggi, ma nelle attuali condizioni sopporterebbe sollecitazioni ben inferiori. Interi solai che appoggiano su pilastri indecenti, ci lasciano interdetti su come possano prender sonno la sera le figure preposte alla manutenzione e gestione delle strutture. Il telaio elastico di cemento armato infatti, prevede che ogni elemento sia collaborante con gli altri nella dissipazione delle accelerazioni dello stabile. Anche una sola disfunzione strutturale di uno degli assi di carico, determina pericolosissimi cedimenti di intere sezioni dell’impalcato. La gerarchia dei cedimenti fra i vari componenti di una gabbia armata, prevede inoltre che l’ultimo elemento a cedere sia quello a sviluppo verticale, cioè il pilastro: più di un pilone della sezione frontale degli OO.RR, appare invece oggi completamente consunto. Né appare concepibile, che non si verifichino questi interventi minimi di manutenzione fino al completamento, fra qualche anno!, delle nuove strutture, ripristinando quantomeno i pilastri più ammalorati ed i ferri di armatura più compromessi.
Nell’edilizia pubblica cittadina della città dello Stretto, non si smette mai di riscontrare anomalie importanti: se le scuole di primo e secondo grado, almeno nella loro maggior parte, dovrebbero dormire sonni relativamente tranquilli, per il lavoro di ricostruzione o retrofit sismico portato avanti fino al 2007 dall’ex assessore Amedeo Canale, che ha dichiarato più volte di poter dimostrare step by step quanto fatto, quelle superiori, competenza invece della Provincia, denotano invece una situazione ben più grave.
Uno degli aspetti più inquietanti dell’eterogeneità costruttiva di una città Metropolitana come Reggio Calabria, è il cosiddetto effetto martello: quando si affiancano edifici troppo diversi per volumetria e concezione costruttiva, quindi per elasticità e risposta allo scuotimento, gli stabili si danneggeranno o distruggeranno fra loro, colpendosi durante la scossa come fa un mazza su un incudine, con frequenza reciproca e ridondante.
Aver appesantito le colline con migliaia di tonnellate di metri cubi di calcestruzzo armato inoltre, sta inesorabilmente portando un territorio già intrinsecamente instabile dal punto di vista idrogeologico, a spingere verso il basso, come testimoniano strade che si spezzano sovrapponendosi su due livelli e muri di contenimento lesionati spesso per quasi tutta la loro lunghezza. Un movimento tellurico violento, potrebbe essere così come un detonatore, come un apocalittico innesco.
Senza tralasciare l’inadeguatezza assoluta dell’unica via d’accesso alla città metropolitana, l’Autostrada A3, che nel suo tronco di penetrazione urbana da Campo Calabro verso il centro, poggia su viadotti gravemente ammalorati e totalmente difformi dal punto di vista sismico, con cicli di passaggio ormai saturati e rispondenti alle tecniche degli anni’50 e ’60, ben inferiori a quelle attuali.
I giapponesi infatti, hanno segnalato come primo aspetto gravemente pregiudiziale proprio questo: le vie d’accesso e di soccorso al centro urbano, sono tragicamente inadeguate.
La vergogna di oggi insomma, risiede nella non manutenzione nel tempo, nella progettazione e costruzione all’epoca di strutture non ottimali nella resistenza ai terremoti, pertinenti alle conoscenze ed alle normative del tempo ma mai aggiornate.
Né può sorprendere che non esistano la stragrande maggioranza dei piani di evacuazione dei comuni calabri: la maggior parte dei piani infatti, sarebbe redatta su centri urbani prevalentemente abusivi, motivo per cui la non rispondenza delle costruzioni alle normative minime, può mettere solo in imbarazzo ma mai in regola, anche per questo aspetto, le istituzioni locali. Aver lasciato costruire e poi condonato palazzi adiacenti, diversissimi per mole, elasticità e composizione e divisi da strade d’accesso impervie e ben più anguste delle misure minime previste dalle norme di evacuazione ( e di buon senso), porta oggi all’impossibilità di redigere un piano di soccorso rispondente o semplicemente credibile. E quei cittadini che oggi gridano allo scandalo per gli edifici pubblici a rischio, sono gli stessi che hanno costruito il 65% delle loro case in zone vietate e con tecniche e volumi difformi. Insomma, se Sparta piange, Atene non ride. Quando si dice che la politica è lo specchio della popolazione, si può trovare in questo elemento il più forte legame fra pochezza della mentalità comune e quella parallela delle istituzioni.
L’aspetto che Zimbalatti non propone o non conosce, alla stregua degli altri politici locali, è che gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, semplicemente, non sono mai stati neanche regolarmente mantenuti con interventi che rispondessero a criteri di decenza e coscienza. Il telaio di cemento armato infatti, da circa 20 anni, simile come tipologia a quelli ancora impiegati su larga scala nell’edilizia pubblica e privata, mostra un usura non solo corticale bensì strutturale, di grave entità. Se solo si fossero ri-incamiciati i pilastri e le travi quando la corrosione e la carbonatazione del cemento di rivestimento erano ancora allo stato primordiale, adesso le strutture non sarebbero ammalorate in maniera tanto avanzata e quindi offrirebbero una buona resistenza statica residua. Se gli interventi minimi fossero stati effettuati nei tempi giusti insomma, avrebbero avuto un costo sostenibile ed una resa accettabile. Quando l’azienda ospedaliera riporta di non aver potuto ottenere la certificazione sismica per l’insussistenza di vari fattori, non rivela però cosa sia scritto nella relazione tecnica di inidoneità: il sospetto infatti, è che la struttura non solo non adempia alle norme più recenti per la sua vetusta progettazione, aspetto ovvio risalendo ad oltre 40 anni fa, ma che sia stata messa all’indice per la pessima manutenzione delle armature. Come si possa pensare di far restare l’Ospedale in quelle condizioni fino alla costruzione del nuovo, rimane un mistero. Ed uno scandalo insieme. Per quale motivo non si sia provveduto a non ripristinare tempo quantomeno gli elementi strutturali già deteriorati, rimane il rebus più angosciante. La storia dei terremoti recenti, insegna che anche strutture armate non concepite secondo le ultimissime tecnologie, se ben conservate, possano assolvere alla loro funzione resistenziale. Come dimostrano migliaia di esempi in materia. Pericolosa risulta oggi, l’ inerzia dimostrata da tutte le varie governance dell’azienda ospedaliera alternatesi negli anni, che non hanno provveduto ad una manutenzione degli assi portanti neanche in misura minima. Molte strutture dei secoli scorsi, quando ancora certe conoscenze sui sismi e sulla risposta degli edifici erano molto di là da venire, hanno resistito a violenti eventi tellurici, pur senza annoverare soluzioni applicate solamente decenni dopo, semplicemente basandosi su uno stato di conservazione ottimale. Questo aspetto, è uno dei primi delle linee guida contro i terremoti rilanciati da Giappone e California. Le armature di base degli OO.RR, rilevano infatti, nelle fratture della camicia copri ferro di rivestimento, una buona presenza di tondini di ferro, del tipo però liscio e non zigrinato o ad aderenza migliorata. Le troppe superfici metalliche lasciate corrodersi per effetto degli agenti climatici, hanno peggiorato inesorabilmente un quadro tecnico già deficitario in sede di progetto. Eppure, oltre un milione di euro per realizzare nel nuovo Pronto Soccorso è stato investito, mentre negli anni decine sono stati i milioni transitati dalle casse delle varie Aziende Ospedaliere, con investimenti non sempre dimostratisi corretti o scevri da abusi e brogli vari. Inquietante è oggi, osservare il fabbricato mediano e quello adiacente al vecchio nosocomio degli OO.RR: pilastri e travi completamente sgretolati, ormai incapaci di assolvere alla loro funzione di resistenza agli scuotimenti tipici di un sisma. Quella struttura di calcestruzzo armato, se ben conservata, avrebbe forse potuto resistere ai 6,5 gradi Richter imposti dalla legge oggi, ma nelle attuali condizioni sopporterebbe sollecitazioni ben inferiori. Interi solai che appoggiano su pilastri indecenti, ci lasciano interdetti su come possano prender sonno la sera le figure preposte alla manutenzione e gestione delle strutture. Il telaio elastico di cemento armato infatti, prevede che ogni elemento sia collaborante con gli altri nella dissipazione delle accelerazioni dello stabile. Anche una sola disfunzione strutturale di uno degli assi di carico, determina pericolosissimi cedimenti di intere sezioni dell’impalcato. La gerarchia dei cedimenti fra i vari componenti di una gabbia armata, prevede inoltre che l’ultimo elemento a cedere sia quello a sviluppo verticale, cioè il pilastro: più di un pilone della sezione frontale degli OO.RR, appare invece oggi completamente consunto. Né appare concepibile, che non si verifichino questi interventi minimi di manutenzione fino al completamento, fra qualche anno!, delle nuove strutture, ripristinando quantomeno i pilastri più ammalorati ed i ferri di armatura più compromessi.
Nell’edilizia pubblica cittadina della città dello Stretto, non si smette mai di riscontrare anomalie importanti: se le scuole di primo e secondo grado, almeno nella loro maggior parte, dovrebbero dormire sonni relativamente tranquilli, per il lavoro di ricostruzione o retrofit sismico portato avanti fino al 2007 dall’ex assessore Amedeo Canale, che ha dichiarato più volte di poter dimostrare step by step quanto fatto, quelle superiori, competenza invece della Provincia, denotano invece una situazione ben più grave.
Uno degli aspetti più inquietanti dell’eterogeneità costruttiva di una città Metropolitana come Reggio Calabria, è il cosiddetto effetto martello: quando si affiancano edifici troppo diversi per volumetria e concezione costruttiva, quindi per elasticità e risposta allo scuotimento, gli stabili si danneggeranno o distruggeranno fra loro, colpendosi durante la scossa come fa un mazza su un incudine, con frequenza reciproca e ridondante.
Aver appesantito le colline con migliaia di tonnellate di metri cubi di calcestruzzo armato inoltre, sta inesorabilmente portando un territorio già intrinsecamente instabile dal punto di vista idrogeologico, a spingere verso il basso, come testimoniano strade che si spezzano sovrapponendosi su due livelli e muri di contenimento lesionati spesso per quasi tutta la loro lunghezza. Un movimento tellurico violento, potrebbe essere così come un detonatore, come un apocalittico innesco.
Senza tralasciare l’inadeguatezza assoluta dell’unica via d’accesso alla città metropolitana, l’Autostrada A3, che nel suo tronco di penetrazione urbana da Campo Calabro verso il centro, poggia su viadotti gravemente ammalorati e totalmente difformi dal punto di vista sismico, con cicli di passaggio ormai saturati e rispondenti alle tecniche degli anni’50 e ’60, ben inferiori a quelle attuali.
I giapponesi infatti, hanno segnalato come primo aspetto gravemente pregiudiziale proprio questo: le vie d’accesso e di soccorso al centro urbano, sono tragicamente inadeguate.
La vergogna di oggi insomma, risiede nella non manutenzione nel tempo, nella progettazione e costruzione all’epoca di strutture non ottimali nella resistenza ai terremoti, pertinenti alle conoscenze ed alle normative del tempo ma mai aggiornate.