
…Per gli altri monaci - lo interrompo - nati in Oriente di sicuro è più naturale. Vivere cambiamenti molto lontani dalla cultura di origine è più complicato?
Certo loro sono nati in un contesto diverso. Diciamo che mi ero predisposto a questo. Per anni ho guidato un centro Buddhista, anche se di tradizione più antica rispetto a quella in cui sono stato ordinato, la Theravada che non ha subito le successive manipolazioni, modifiche, speculazioni filosofiche e adattamenti ai luoghi geografici in cui il Buddhismo si è insediato.
Il tempio si apre alle persone alcune volte la settimana?
Il tempio è sempre aperto. Abbiamo attività stabilite tre volte la settimana: il giovedì, il sabato e la domenica facciamo insegnamenti, Pugia, l’offerta rituale al Buddha e Meditazione.
Come spiegare al profano a meditazione praticata?
Noi facciamo la Samatha Vipassana, che significa visione profonda. Esistono vari tipi di approccio. Pratichiamo proprio quella insegnata dal Buddha.
Per noi occidentale il silenzio è difficile. Ci agitiamo e se non è il corpo a disturbare, sono le emozioni o la mente. E’impossibile per noi raggiungere quello che viene chiamato Nirvana, o abbiamo qualche speranza?
Si potrebbe raggiungere anche il Nirvana, ma bisogna lavorare molto. La mente è mente a prescindere dai condizionamenti culturali. Quindi sia in Oriente che in Occidente siamo influenzati, offuscati dai tre veleni che sono rabbia, attaccamento e ignoranza. E’ l’ignoranza che genera rabbia e attaccamento. L’ignoranza non riguarda l’abc, ma la verità dell’esistenza, del mondo, dell’universo e la verità del Sé.
I frequentatori del tempio chi sono?
Ci sono sia frequentatori italiani che singalesi. In città, a differenza di Messina, Catania, Napoli, c’è una piccola realtà singalese di circa 70 persone. Molti sono cattolici, molti buddhisti. Qui vengono anche i cattolici.
Quindi nessuna inconciliabilità nè paura della diversità…
I cattolici nello Sri Lanka convivono coi buddhisti e sono naturalmente intrisi di quel tipo di approccio e di cultura, per cui non fanno differenza. Per gli altri c’è un po’ di paura e diffidenza perché non si conosce. Qualche volta mi capita di sentire che qualcuno teme di tradire la sua religione, di fare peccato. Niente di più lontano dalla realtà.
Bisognerebbe diffondere questo pensiero di tolleranza per favorire convivenza e accoglienza tra religioni, anche se il Buddhismo non è una religione…
Infatti, non può dirsi religione, non è un credo. Buddha diceva ai suoi discepoli di non accettare passivamente quello che lui stesso diceva, ma di sottoporre tutto a verifica, indagine ed esperienza diretta: ‘Vieni e vedi..’.
Lo dice anche Gesù. Quando gli chiedono: maestro, dove abiti? Lui risponde: vieni e vedi..
Ci sono sicuramente analogie, poi gli approcci sono stati differenti. Specie nel primo cristianesimo. E parlo più che da monaco da storico e archeologo che è la mia formazione accademica e scientifica.
Avete un appuntamento importante domenica 28 maggio.
Sì. Festeggiamo il Wesak che celebra la nascita, l’illuminazione e il paranirvana del Buddha . Si svolgerà al Tempio. Inizieremo intorno alle 9 del mattino e termineremo verso le 8 di sera. Un impegno che coprirà l’intera giornata con meditazioni, canti di Sutta, gli insegnamenti del Buddha, Pugja, che sono le offerte rituali.
Un modo anche per farvi conoscere meglio da chi volesse avvicinarsi anche solo ad uno dei momenti previsti…
Si, certo, anche se il nostro obiettivo non è fare proselitismo. Siamo contenti se la realtà del tempio è conosciuta e frequentata, ma non puntiamo al proselitismo, perché sarebbe una contraddizione in termini. Se diciamo di non credere se non a ciò che si vede con gli occhi della saggezza, chi può dire all’altro in cosa deve credere? Sarebbe assurdo. L’unico nostro obiettivo è liberarci dalla sofferenza e aiutare gli altri a trovare la propria strada per poterlo fare. Nessuno può salvare l’altro, ma si può attraverso l’esperienza diretta e il lavoro personale, indicare la strada. Poi dobbiamo essere noi a percorrerla.
E’ come per il “mandala”, che una volta realizzato, viene distrutto, contro ogni tentazione di potere e di possesso. Nulla, nemmeno la cosa più preziosa, ci appartiene?
Sì. Nulla ci appartiene, noi non possiamo fermare nulla. Nemmeno il corpo. Esso cambia, istante dopo istante, le cellule muoiono, altre rinascono: invecchia, si ammala, muore. Non possiamo tenere nulla.
Il pensiero Occidentale dovrebbe rassegnarsi a questo lasciare andare le cose, le situazioni, le persone?
Non tanto rassegnarsi, ma andare oltre l’illusione di qualcosa che sembra permanente ma è solo illusione. Quando la mente coltiva l’illusione nutre le cause della sofferenza. Soffriamo perché nutriamo l’illusione di un Sé che non è intrinsecamente esistente. L’illusione di essere eterni su questa terra con questo corpo. L’illusione di un io separato dal tu. L’insegnamento del Buddha penetra la verità dell’esistente. Parla di “anatta” che significa “non sé”, ossia esistenza condizionata o interdipendente. I filosofi occidentali hanno frainteso nel passato questo concetto interpretandolo come nichilismo. Non hanno compreso questo pensiero. Il Buddhismo non dà dogmi, ma svela la verità e ti dà la strada per arrivare alla verità e quindi liberarti.