Ma al posto d’onore ci metterei un libro scritto nel 1886, lo stesso anno di Cuore, e pubblicato nel 1890, Il romanzo di un maestro di Edmondo De Amicis. Non è, stilisticamente parlando, un capolavoro letterario, ma resta un racconto eccezionale, un documento vivo di quella prima fase dell’istruzione pubblica obbligatoria che si avvia, in tutta Italia appena costituito il regno unitario.
Senza l’edulcorazione di Cuore, intorno all’esperienza di Emilio Ratti, formatosi alla scuola normale di Pinerolo e poi insegnante in varie e disperse località fino a giungere a Torino, si sviluppa la vicenda dei primi maestri e delle prime maestre: le “patenti” da ottenere; l’approccio con gli alunni; il “metodo” con cui insegnare; i rapporti con sindaci e delegati scolastici (erano i Comuni a pagare gli insegnanti, poco e niente: e, questo, anche se nel libro non emerge, è una delle cause storiche delle distanze non superate, con l’unificazione, tra Nord e Sud, dove le scuole vennero avviate dopo e non dovunque), quelli con gli ispettori; il confronto con le famiglie, non sempre favorevoli alla scuola che sottraeva braccia lavoro alla campagna e con i parroci e i preti prima detentori unici dell'insegnamento; le difficoltà e la grandezza di un processo decisivo nella nostra storia nazionale.
Un rilievo particolare hanno, nel libro, le vicende delle maestre: il primo, grande, nucleo di donne, lavoratrici non solo in casa e/o in campagna, che hanno affrontato viaggi lunghi (con spostamenti, per esempio, dal Piemonte alla Sicilia o alla Sardegna), e penose solitudini, vittime facili di insinuazioni malevole sulla loro moralità, che hanno dovuto superare, oltre i pregiudizi esterni anche quelli interiorizzati nei secoli, facendosi forza per affrontare e, magari, ripetere gli esami e prove, come gli “esercizi ginnici” che mettevano in rilievo “indecentemente” il corpo.