I morti di Cutro, Pasolini e l'umanità dolente che implora: "mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?"

I morti di Cutro, Pasolini e l'umanità dolente che implora: "mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?"

Cutro, 9396 abitanti all’ultimo censimento, deve il titolo di Città alle imprese straordinarie di Leonardo Di Bona, detto Puttino, invincibile e mitico giocatore di scacchi, che primeggiò in una storica sfida alla Corte del Re di Spagna Filippo II nel 1575 e ottenne per i suoi meriti eccelsi l’agognato titolo, i privilegi connessi e le franchigie per il suo amato popolo cutrese.

Ma tra le storie e le leggende che si tramandano d’inverno nelle bianche case a Cutro e nel Marchesato fa eco quella della giovane e leggiadra Caterina Ganguzza, che fatta prigioniera da una galea turca, in una delle tante incursioni sulle coste dello Jonio, difese la sua fede, la sua religione e il suo onore, scegliendo di essere appesa all’antenna della nave nemica e martoriata nel fisico e nella mente, piuttosto che diventare un’odalisca alla mercè delle brame del sultano.

A Cutro è sempre molto vivo il senso dell’onore non esclusivamente quello personale. E’ la comunità che tiene alto il rispetto per la propria dignità e per la storia del sofferto riscatto sociale e per la conquista dolorosa dei fondamentali diritti di eguaglianza, libertà e giustizia dai padroni, baroni e potenti di sempre.

Nel 1959 Pier Paolo Pasolini compì una traversata della penisola, a bordo di una leggendaria Fiat Millecento, per realizzare una serie di servizi sulla provincia italiana, che saranno pubblicati dalla rivista “Successo” e confluiti poi in un sublime e prezioso volumetto dal titolo “La lunga strada di sabbia”.

Giunto in Calabria e avvicinandosi a Crotone “a un disperdersi delle dune gialle in un altopiano ecco Cutro, il luogo che più mi impressiona di tutto il lungo viaggio. E’ veramente il paese dei banditi, come si vede in certi western. Ecco le donne dei banditi, ecco i figli dei banditi. Si sente, non so da cosa, che siamo fuori dalla legge, dalla cultura del nostro mondo, a un certo livello.”

E’ l’impressione iperbolica e provocatoria dell’immaginifico poeta di Casarsa, che non poteva non creare  risentimento e l’orgogliosa reazione del popolo cutrese. Che attraverso la voce stentorea e offesa del Sindaco Vincenzo Mancuso, alla guida di una giunta DC - MSI, annunciava querela per diffamazione a mezzo stampa nei confronti dell’intemerato scrittore, affermando le buone ragioni di tutta una popolazione vilipesa: “La reputazione, l’onore, il decoro, la dignità delle laboriose popolazioni di Cutro sono stati evidentemente e gravemente calpestati”.

La vicenda ebbe un clamore notevole, salvo a dissolversi nel nulla a distanza di tre anni. E Pasolini, che nello stesso 1959  ritornava in Calabria per ricevere il premio Città di Crotone dalle mani del sindaco comunista per il suo romanzo  “Una vita violenta”, doveva chiarire ai risentiti intellettuali cutresi accorsi numerosi, il suo pensiero, affermando che la parola “bandito” era da intendersi come “ emarginato dai diritti civili ” da tutti i governi nazionali. Ma Pasolini ebbe modo più volte di esprimere grande rispetto e apprezzamento per questa terra, scegliendola come teatro per alcuni dei suoi film più importanti come “ Comizi d’amore” e sopratutto “Il Vangelo secondo Matteo” . E in uno dei tanti viaggi nella regione ebbe a dichiarare che “ In Calabria è stato commesso il più grave dei delitti, di cui non risponderà mai nessuno: è stata uccisa la speranza pura, quella un pò anarchica e infantile di chi vivendo prima della storia ha ancora tutta la storia davanti a se”. Mentre alla città di Cutro dedicava una delicata lirica in cui esaltava “ la Via Longa. Ogni metro una porta”.

Eppure la storia sembra essersi fermata la notte tra il 25 e 26 febbraio, quando un barcone carico di disperati, provenienti dall’inferno della violenza e dell’oppressione, naufragava a pochi metri dalla sabbia dorata di Steccato di Cutro, lasciando i corpi squassati dalle onde di 74 vittime incolpevoli, in prevalenza donne e bambini.

L’altra sera nell’atrio in penombra del Municipio di Cutro, non si è levato un soffio partecipe di tutto questo. Del dolore straziante dei superstiti e dei familiari raccolti intorno alle bare cifrate del Pala Milone, di quei miseri brandelli di legno del letale barcone, che la pietà umana e la sensibilità artistica di Francesco Tuccio, intrepido falegname di Lampedusa, ha trasformato in un tragico crocifisso, verso cui da oggi si raccoglierà la preghiera e la pietà del popolo di Cutro. Nel segno di una nuova storia che doveva iniziare proprio dal 10 di marzo. Giorno scelto dalla Premier Giorgia Meloni per svolgere quì in Calabria, nel Municipio di Cutro, il Consiglio dei Ministri della svolta, della verità e della giustizia per le vittime, ma anche di restituzione della fiducia per questo territorio, ancora una volta teatro muto di tanta disumanità e di tanta violenza.

Giorgia Meloni e il suo grigio governo di travet del sottosuolo della politica, ha perso una grande occasione per far partire proprio dalla Calabria e da Cutro una straordinaria operazione di riconciliazione tra le sofferenze e le disuguaglianze di un mondo ormai senza confini e che neanche la furia omicida delle onde  può fermare il bisogno irrefrenabile di libertà e di giustizia. La risposta della politica e dei governanti è stata cinicamente burocratica e muscolare: inasprimento delle pene per gli scafisti, populismo panpenalistico nel convincimento che ad ogni emergenza debba corrispondere un nuovo reato. Tutto il resto, dai drammatici interrogativi della notte dell’orrore alle attese deluse dei calabresi rimbalza confuso nell’isteria di una conferenza stampa trasformata da una regia improvvida in un mediocre talk show di provincia.

Intanto nelle ultime ore sono sbarcati sulle coste calabresi oltre mille nuovi disperati.

E‘ sfuggito colpevolmente al Capo del Governo, che a Cutro si celebrava il Te Deum laico di tutta la Calabria, di tutti i Sud del mondo, di tutte le terre martoriate da cui i giovani scappano per cercare una nuova speranza, le mamme fuggono con i loro piccoli attaccati sul cuore per inseguire il sogno di un futuro diverso e la nuova storia di cui parlava visionario Pier Paolo Pasolini.

Invece il Governo di destra centro ha scelto la strada della forza teatrale alla ragione, al dialogo e alla visione illuminata. Senza il confronto con una opposizione di sinistra opportunista e chiusa nel ghetto di una gretta ricerca di responsabilità, sempre più lontane dalle vie della politica.

Giorgia Meloni ha scelto di non visitare i luoghi del dolore e della sofferenza.

Peccato!

Perchè a pochi metri dal luogo in cui si è svolto il tetro Consiglio dei Ministri a Cutro c’è il Convento dei Padri Minori di San Francesco, in cui si  conserva lo straordinario Crocifisso ligneo, dichiarato Monumento Nazionale nel 1939, realizzato nel 1636 da Fra Umile Pintorno da Pietralia Soprana, che rappresenta, con tragico realismo cromatico, il Cristo, “un volto di pace, coperto dal sangue ruscellante dal capo trafitto dalla corona di spine”, che raccogliendo il grido dell’umanità dolente, implora: “Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?”.