di ALBERTO CISTERNA* - (Riceviamo e pubblichiamo) Le parole di Papa Francesco ai bambini di San Luca scuotono. Anzi emozionano. Vedere quei bambini e quelle maestre abbracciati dal Papa, il suo abito candido toccato dalle mani di quei giovanissimi studenti, è l’allegoria del mondo che verrà o che potrebbe venire, il bagliore inaspettato di una Calabria nascosta e magica.
Quei bambini, innanzitutto, erano bellissimi. Chilometri e chilometri distanti dallo stereotipo, fatto circolare negli ultimi anni, di una Calabria, anzi di una provincia di Reggio, anzi di una San Luca popolata per intero da gente brutta, sporca e cattiva. Ndranghetisti assetati di sangue, trafficanti di droga assetati di denaro. Certo realtà terribili con cui dobbiamo continuare a fare i conti perché ci sono, ma quei bambini erano lo stesso bellissimi, gioiosi, pieni di entusiasmo e soprattutto consapevoli. Bambini titolari di una originaria una speranza personale e collettiva che nessuno ha il diritto e il potere di cancellare.
Non deve essere facile andare in giro per il mondo, dal Papa addirittura, e dire di essere nati a San Luca, in uno dei posti più dannati della terra, su cui si sono sprecati decine di articoli e scaffali di libri grondanti sangue, odio, malaria morale.
Eppure erano lì orgogliosi, hanno persino regalato a Papa Francesco un’icona della Madonna della montagna, della Vergine di Polsi. Chiunque altro avrebbe sospettato o temuto una proposta di affiliazione. Solo il testimone coraggioso della uguale dignità di ogni persona e solo chi è capace di rischiare tutto per salvare anche uno solo, può fare i gesti di Papa Bergoglio. Quando anni fa mi regalarono una statuina di quella icona della cristianità calabrese guardai la persona e il dono insospettito, pensai di metterla in uno scaffale in alto, lontana dalla vista; quasi me ne dovessi vergognare.
Succede di questi tempi, perché sono i tempi della ferocia iconoclasta di una certa società civile che tarla l’appartenenza, corrode la fede, alimenta i sospetti.
Se poi si pensa che quella Madonna regalata al Papa era stata disegnata sul fondo di una sedia di scuola, scelta tra quelle sedie (come ha detto al Papa una delle insegnanti) che i ragazzi di San Luca lanciavano dalle finestre come nel far west, si apprezza appieno l’importanza di quanto è accaduto.
Se non fossimo storditi dalle chiacchiere della politica calabrese, dai suoi inutili origami, capiremmo il perché di quella scelta, perché si sia scelto il fondo di una sedia per dare spazio alla divinità, perché uno scarto per l’effige dell’eternità. Quasi un giudizio morale sulla gente di Calabria: la pietra scartata che diviene testata d’angolo.
I bambini di San Luca (e le loro insegnanti) ieri hanno impartito a tutti i calabresi una lezione straordinaria. A tutti, a quelli che si crogiolano nella ndrangheta e nel suo malaffare, a quelli che dicono di combatterla ed a quelli che in silenzio e determinazione si contrappongono alle cosche, alla corruzione, al malaffare.
Se pensiamo che v’è chi sostiene a viso aperto che quelli sono i figli senza speranza di gente senza speranza, che è certo che nel cuore di ognuno di quei bambini sarebbe irrimediabilmente piantato il seme della mafia, allora la lezione è ancora più dura e preziosa. Quasi quanto la speranza.
*magistrato