Nel 2018, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni, l’economia non osservata rappresenta in Italia il 13,1% del valore aggiunto totale (l’incidenza sul Pil è pari all’11,9%): le componenti più rilevanti sono la rivalutazione della sottodichiarazione dei risultati economici delle imprese (5,9%) e l’impiego di lavoro irregolare (4,9%). L’economia illegale e le altre componenti minori (mance, fitti in nero e integrazione domanda-offerta) incidono per il restante 2,3%.
L’incidenza dell’economia non osservata è molto alta nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 18,8% del complesso del valore aggiunto, seguita dal Centro (13,8%). Più contenuta, e inferiore alla media nazionale, è l’incidenza nel Nord-est (10,9%) e nel Nord-ovest (10,3%).
Il peso relativo delle tre diverse componenti dell’economia non osservata si conferma anche a livello ripartizionale; a pesare di più è ovunque la rivalutazione da sotto-dichiarazione che raggiunge un picco nel Mezzogiorno (pari all’8% del valore aggiunto) mentre registra nel Nord-ovest l’incidenza più contenuta (4,7%).
Anche la quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare è significativa nel Mezzogiorno, dove si attesta al 7,5%. L’incidenza risulta lievemente superiore alla media nazionale (pari al 4,9%) al Centro (5%), mentre è inferiore nelle altre due ripartizioni (3,8% il Nord-ovest e 3,9% il Nord-est).
La Calabria, sottolinea l’Istat, è la regione in cui il peso dell’economia non osservata è massimo, con il 21,3% del valore aggiunto complessivo; l’incidenza più bassa si registra invece nella Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen (8,4%). Puglia (8,9%), Molise e Marche presentano la quota più alta di rivalutazione del valore aggiunto sottodichiarato (entrambe 8,2%); le quote più basse si registrano invece nella Provincia autonoma di Bolzano-Bozen (2,8%) e nella Provincia Autonoma di Trento (3,7%).
Il peso del sommerso dovuto all’impiego di input di lavoro irregolare è particolarmente elevato in Calabria (9,8% del valore aggiunto) e Campania (8,5%), le quote più contenute sono quelle osservate in Lombardia (3,6%) e Veneto (3,7%