Quindi, Mario Oliverio è stato assolto dal tribunale. Tutte le accuse mosse contro di lui e quelle scaricate sui suoi collaboratori e/o amici sono cadute. Il fatto non sussiste, dice la sentenza. E se un fatto non sussiste non ci possono essere colpevoli dato che quel che non c’è non può diventare colpa. Tutto bene, quindi. Tutti contenti. Tutti a dire: viva la giustizia che prima o poi trionfa.
C’è però un ma che resta sospeso e inquietante. Perché piaccia o no le accuse contro Oliverio non hanno solo colpito e addolorato una persona, i suoi familiari, i suoi amici, una comunità, ma hanno cambiato la storia della Calabria.
Non si può dire se l’hanno cambiata in meglio o in peggio. Ma l’hanno cambiata. I provvedimenti e le accuse contro Oliverio l’hanno indebolito rendendolo, insieme al suo partito, inconsistente rispetto alla dialettica e allo scontro politico ed elettorale che s’è svolto in Calabria sulla base di fatti e circostanze insussistenti. Con Oliverio infragilito e praticamente espulso dalla scena politica è stato falsato il gioco democratico. Come quando una forte spinta ti fa cadere a terra e ti blocca. Qualcuno pagherà per questo?
Nessuno può dire con certezza che l’eliminazione nei fatti dalla scena politica di Oliverio sia stato un vantaggio o uno svantaggio per la Calabria. Ma nessuno può mettere in dubbio che sul destino di Oliverio e della Calabria avrebbero dovuto decidere i calabresi col loro voto e la democrazia e non l’irrompere di un fatto che non sussiste, cioè che non esiste. Ovviamente gli avversari politici di Oliverio, che si sono probabilmente avvantaggiati, non hanno alcuna responsabilità. Ma questo non toglie che la furia giustizialista, a cui il partito di Oliverio non è estraneo, abbia arrecato un colpo non solo all’incolpevole Oliverio ma alla democrazia calabrese.