Noto). La riforma del premierato significa che in Italia non ci sarà più la politica, solo una campagna elettorale feroce e poi per cinque anni la politica sarà affare di uno solo, del premier. Si tratta di un sistema che non c’è in nessun’altra parte del mondo. È un disegno neo-autoritario che però non è un golpe, ma l’estremizzazione di processi già in atto. Questa destra è pericolosa perché asseconda e accelera il passaggio alla post-democrazia. (Carlo Galli, costituzionalista). L’elezione diretta del presidente del Consiglio divide i cittadini: sì dal 55% degli italiani, no dal 43% (Sondaggio Ipsos-Repubblica).
Tre piccole citazioni per delineare un quadro di possibile comprensione delle due leggi che stanno drammaticamente dividendo paese e istituzioni, se solo si pensa – per ultimo – alle manifestazioni di martedì scorso davanti il Parlamento, a quelle dinanzi le Prefetture di tutt’Italia, alle votazioni di martedì e mercoledì al Senato e alla Camera sui due provvedimenti e al diluvio delle polemiche che non accenna a placarsi dopo tre giorni.
Ora sembra pacifico, o almeno sembrerebbe, che due interventi legislativi di questa portata debbano agire in una situazione in cui – è vero – valgono le leggi della democrazia e quindi chi ha più voti va
avanti, ma che per modifiche così importanti un minimo di clima se non altro normale e non da rissa sarebbe, anzi è, necessario. Andare avanti a colpi di maggioranza e sperare poi che i referendum, confermativi o abrogativi, diano il via libero definitivo ci pare infatti un azzardo da pokeristi convinti ma qui non siamo al tavolo verde. Ci provò Renzi e sappiamo come è andata a finire e come è finito soprattutto lui.
Il buon senso in politica pare sparito ma le cose dette a tal proposito - prima e dopo il voto di mercoledì scorso - dal presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, meritano un approfondimento. Ma…
Il ma è infatti un macigno bello grosso: Occhiuto ha ben presente un quadro politico diviso e frammentato e parla innanzitutto al suo partito e al leader nazionale di Forza Italia, quell’Antonio Taiani che ha nelle mani il partito creato da Silvio Berlusconi e a cui guarda il 10% degli italiani (voto 8 e 9 giugno 2024). E’ una partita a scacchi tra Occhiuto e Taiani (che non volle a suo tempo Occhiuto come unico vicesegretario del partito)? Sicuramente sì. I gossip politici locali e nazionali suggeriscono da giorni questo ma il governatore calabrese – che ha ondeggiato paurosamente più volte sul tema dell’autonomia differenziata – forse andrebbe preso un po' sul serio e magari messo alla prova in senso stretto dall’opposizione, a Roma e in Calabria.
Sempre per restare, infatti, all’azzardo dei pokeristi ad un certo punto nelle mani di poker se si tratta di un bluff questi vengono alla luce se si fanno alla fine scoprire le carte; se si tratta di mere partite tattiche,
che si sgonfiano al primo accordo, sopra o sotto banco, non ci vorrà molto a scoprirlo. Ma quelle tre piccole citazioni riportate all’inizio suggeriscono che la paura di andare incontro ad un azzardo e ad una
sconfitta politica di proporzioni immani ai referendum comincia ad essere percepita anche in settori non marginali del campo opposto al centrosinistra e sarebbe, dunque, normale non lasciare cadere queste
prese di posizione, in Calabria (ma, ripetiamo, anche a Roma).
Il voto alle Camere sull’autonomia differenziata è ormai cosa fatta e restano i probabili referendum. Lì sarà tutta un’altra partita e solo lì si vedrà la coerenza di Occhiuto (e degli altri parlamentari calabresi di
Forza Italia) e degli atteggiamenti, quando ci sarà quella prova del fuoco dei referendum. Lì non varranno più bluff, sparate propagandistiche, dichiarazioni alla stampa, parole al vento o sceneggiate e si vedrà
davvero chi avrà tessuto piu’ filo per reggere la sfida e chi alle parole farà seguire i fatti concreti. Cioè chi davvero si opporrà a quel provvedimento approvato in Parlamento.