DALL’INVIATO - Il destino di una partita di calcio si compie durante il suo svolgimento. Non sono il gol improvviso, il gesto tecnico decisivo, la trovata geniale di un singolo, gli elementi determinanti. Il gol è il risultato di una sequenza di eventi. Fatti concatenati che portano ad un risultato importante. Segnare un gol è la parabola che meglio riflette lo svolgimento di una vita. Segnarlo, o non segnarlo, questo è il discrimine, questa è la strettoia del Fato, il peso nella bilancia, il solco nella storia.
Siamo giunti allo stadio a partita già iniziata: passare dai sotterranei non è stata una buona idea, abbiamo risparmiato sul biglietto però per quasi un’ora abbiamo vagato nelle tenebre maleodoranti, tra punture di ragni e di insetti schifosissimi. Drake ha perso la strada un paio di volte, ma alla fine siamo sbucati nello stanzino delle scope attiguo alla sala stampa. Era finito il primo tempo da poco, i giornalisti italiani commentavano preoccupati lo scarso carattere degli azzurri.
La partita è andata via come un libro già scritto: a saper guardare, la sconfitta si legge negli occhi dei perdenti sin dall’inizio della contesa. Gli azzurri avevano gli occhi da predestinati al sacrificio. Occhi da agnelli. Mentre quelli, in celeste, avevano gli occhi di Coguaro. Felini e carnivori.
I nostri si affidano al terminale offensivo unico. Puntare tutto su uomo, in questa partita. Giocarsi il patrimonio puntando tutto su Mario Balotelli. Così è il destino. A volte va, a volte no. Bearzot si era giocato tutto su Rossi, anche se quella era tutta un’altra Italia. Prandelli su Balotelli. Il “Vecio” avrebbe mai puntato su una testa matta senza spirito di appartenenza e di sacrificio? Il Vecio non l’avrebbe neanche convocato. Ma non processiamo Balotelli. La lezione gliela da la vita. Ancora non ha finito di prenderle. È soltanto all’inizio. Forse anzi riuscirà persino a cambiare. Le sconfitte, anche quelle gravi, anche quelle che sembrano irrimediabili, a volte servono nella vita. Dai diamanti non nasce niente, dalla merda nascono i fior, recitava un vecchio brontolone genovese.
Mettici poi un fallo da rugby compiuto a un centimetro di distanza da un arbitro che dorme con il cartellino rosso sotto il cuscino. Restare in dieci e riandare a Fort Apache. Loro sono indiani e girano attorno al fortini di Buffon. Ci difendiamo a spinte e classe, ma non basta. Affondano i colpi, ci prendono a morsi.
Anche il morso di Suarez è un parabola. “Il Pistolero” non riesce a trattenere la sua furia nervosa. Questa è la terza volta che capita. Mentre gioca probabilmente va in trance. Regredisce al livello primitivo. Attiva tutti i suoi istinti predatori. Morde, e segna.
Balotelli è da un pezzo nell’idromassaggio quando loro segnano. Calcio d’angolo, Godin, che scala montagne invisibili ad ogni partita, impatta il pallone nell’impeto del volo colpendolo tra la spalla e il collo; ne esce una fiondata che Buffon raccoglie dentro la rete.
Sconfitti. Secchi. Italiani tristi. Sgonfiata la speranza, ricondotta alla realtà, la nostra squadra si rivela per ciò che è, e per ciò che il destino gli ha preparato. Una bufala. O meglio, una mozzarella di bufala. Fresca e morbida. Ottima per i denti affilati degli uruguagi.
A questo punto io dovrei tornare in Italia. Ma caro Direttore, non appena ho ripensato al ritorno in città, ai servizi sulle solite beghe, sulle solite menate, su questo e su quello, e sui ladri e sui corrotti, e la spazzatura e il lavoro, mi è venuta una specie di orticaria, mi sono riempito di bolle rosse, e sono finito in ospedale. Il certificato del medico prescrive di non poter fare lunghi viaggi per almeno un mese. Quindi ho pensato di approfittarne e proseguire i reportage dal mondiale. Giuro, non andrò più in nessun Hilton.
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Caro inviato, certo che puoi stare lì. Tanto per quello che produci o sei qui o sei lì ... ma non voglio affrontare questo tema quanto fissare qualche paletto. Il Primo, è ovvio che dal momento della scoppola per le spese e il viaggio di ritorno te la devi vedere per conto tuo. Secondo, avevi garantito se non la coppa almeno la finalissima perché avevamo uno squadrone e Ballottelli li avrebbe suonati a tutti un gol via l'altro: vedo invece che ora ti sei dimenticato tutte le garanzie e i giuramenti fatti dopo avermi tirato dentro la trappola dei servizi dal Brasile che, tra l'altro, non se li è filati nessuno. Terzo, vedi di riportare il cellulare altrimenti appena ti passano le bolle rosse ti facciamo quelle nere. (La direzione)