Sanremo 1957.jpeg

Sarà tutto bello, coinvolgente e intrigante come un documentario sul monossido di carbonio. (Foto del Festival del 1957)

 

Ci si avvicina, a passi spediti, verso la consueta manifestazione canora dell’anno. Ci siederemo più o meno tutti sul nostro comodo divano, sorseggeremo qualcosa (taluni arriveranno addirittura a farsi una canna, ma solo per contenere l’entusiasmo) mentre ascolteremo le canzoni e le scontate gaffes dei presentatori. Guarderemo la platea sperando che ci sia il solito mitomane che minaccia di lanciarsi giù da qualche ponteggio, con sotto Claudio Baglioni che lo incita a non farlo cantandogli “La vita è adesso”, solo che Beppe Vessicchio, per ritorsione, a causa delle voci che non lo volevano presente a Sanremo, intonerà “Dagli il via” e lo sventurato, colto il sottile suggerimento, si butterà dal ponteggio tra le braccia di Claudio chiedendogli, una volta giunto per le terre: “E tu come stai?”. Ci saranno le solite polemiche, quelle di chi dice di non vedere mai Sanremo e poi ricorda pure l’anno in cui hanno vinto i Jalisse (per la precisione il 1997, ma è una cosa che so del tutto casualmente, giuro),  gli scandali più o meno tali, nella speranza di poter contare sul traino del gossip per inondare quante più case possibili con la musica del Festival. Ci sarà il comico, che tenterà di farci ridere parlando di politica; la conduttrice che cercherà di ammiccare, compiacere, magari indossando uno spacco inguinale che ci regalerà quel sottile vedo non vedo l’utero; la folta schiera di giornalisti che, con piglio da intellettuali, decideranno che la canzone più sfigata vincerà il premio “canzone d’autore”; ci saranno, con tutta probabilità, i licenziati di questa o quell’azienda che faranno un sit in davanti l’Ariston, sperando che un pippobaudo qualsiasi li faccia salire sul palco dove diranno quel che vorranno dire, ricevendo scroscianti applausi nonché contestuali e sostanziali “chisenefotte” di tutti gli astanti. Vedremo lacrime finte su facce di bronzo, visi gioiosi per un’esecuzione ben riuscita, tipi strani che vorranno essere originali risultando tuttavia più noiosi dei tradizionali “tradizionalisti”. Qualcuno oserà contestare dalla galleria quel comico che farà battute sul suo politico di riferimento, facendosi crasse risate però quando sarà perculato il politico degli schieramenti avversari; ci saranno inviati dai vari talk show che cercheranno di fare domande originali del tipo: “quale canzone le è piaciuta?”; ospiti in studio che si affaticheranno ad esprimere necessari giudizi sull’abbigliamento dei presentatori, su come tizia abbia sceso le scale, sul tipo di acconciatura adottata, sulle scarpe con il tacco, senza tacco, con il décolleté, con i lacci, senza lacci, con la retromarcia o con i sensori di parcheggio integrati. Sarà proscenio per i vari tronisti, presunti vip, reduci da uomini e donne, ex veline che ci racconteranno, prendendo a spunto il Festival, di come nel lontano vattelapesca il tal famoso cantante fece loro delle avances ma opposero cordiale rifiuto, oppure loro fecero delle avances e lui si rifiutò senza alcuna cordialità. Insomma, tutte cose interessantissime di cui non potremo fare a meno per i prossimi 15/20 giorni. Certo, magari gli organizzatori coltiveranno la speranza che un personaggio famoso deceda durante il festival, onde consentire al presentatore di dare la notizia in mondovisione con aria compunta guardando gli spettatori che, titubanti si chiederanno guardandosi intorno: “ che dite, ce la spariamo ora la standing ovation”. Sarà tutto bellissimo, come ogni santo anno, come tutte le volte che, da perfetti italiani, faremo finta di non guardare Sanremo postando su Facebook il titolo del film che si è deciso di guardare in TV su uno sperduto canale del digitale terrestre (chi è di sinistra, ma con un approccio ottimista alla vita, generalmente sfoggia tutta la filmografia di Akira Kurosawa mentre per la sinistra/pessimista ancora non è stato inventato nulla di talmente triste da interessarli). Sarà tutto bello, coinvolgente e intrigante come un documentario sul monossido di carbonio, avvolgente come la 180esima intervista di Barbara D’Urso alla figlia di Claudio Villa, simpatico come una battuta di Renzi sui congiuntivi di Di Maio, culturale come un comizio di Borghezio, ammiccante come un Di Battista alle prese con un potenziale elettore indeciso, onesto e sincero come la faccia di Silvio dopo 25 interventi di chirurgia estetica, dolcemente complicato e sempre più emozionato come una donna che ti sfancula su FB mentre si fa un selfie, rassicurante come KIM JONG-UN quando è di cattivo umore. Sarà questo e altro ancora il nostro caro e amato Sanremo, e saremo più o meno tutti lì, a guardare, criticare, litigare. Faremo di tutto pur di sapere quel che succede, senza far capire agli altri che siamo tutti lì, incollati alla TV. Arriveremo addirittura ad ascoltare le canzoni, ma solo incidentalmente, così come incidentale è la loro presenza nel Festival, e della maggior parte di esse non avremo più notizia, a meno che non si tratti effettivamente di un capolavoro. Sì, ci siamo quasi, è tutto pronto, il sipario sta per alzarsi perché, in fin dei conti, qualsiasi cosa pensiamo o facciamo,  Sanremo è Sanremo!