NDR e CHIESA 1. Bovalino e quegl'inchini che servono ai media. CARTERI

NDR e CHIESA 1. Bovalino e quegl'inchini che servono ai media. CARTERI
Bovalino
di GIANNI CARTERI - Nel bellissimo "Alfabeto eretico" dedicato a Leonardo Sciascia dal giornalista Matteo Collura leggo che “quando alla mafia, più che mai aggressiva, si contrappose l’antimafia, i siciliani allargarono le braccia e sospirarono: 'Ora bisogna guardarsi non soltanto dalla mafia, ma anche dall’antimafia'. E lo dissero i siciliani puliti, non implicati in alcun modo con la mafia.
(…) Di questi cittadini si fece difensore Sciascia, il quale sperimentò sulla sua pelle che – così come l’antifascismo nato dal fascismo aveva sempre saputo essere più solerte del vero antifascismo – in Sicilia l’antimafia aveva finito  col praticare metodi mafiosi per affermare la sua supremazia, il suo monopolio nella sacrosanta lotta alla mafia".

    A queste parole ho pensato mentre nella trasmissione della Rai “Uno Mattina Estate” discutevano sugli inchini ai boss della ‘ndrangheta durante le processioni nelle varie parrocchie calabresi l’arcivescovo di Cosenza, mons. Nunnari, il sindaco di Oppido e il giornalista di origini bovalinesi Giovanni Tizian che, con sicumera quasi eroica, ricordava di quand’era bambino e nelle processioni di San Francesco di Paola in estate anche a Bovalino si era soliti far fare l’inchino fermando la processione.
 
Non ricordo di aver mai incontrato Giovanni Tizian-infante nelle processioni bovalinesi. Non mi risultano boss bovalinesi appartenenti alla ‘ndrangheta (il paese  ha subito il  più alto numero di sequestri di persona in rapporto al territorio sicuramente per tale mancanza) né case di boss ’ndranghetisti  nel percorso quasi sempre uguale ogni anno.
 
Quando Giovanni Tizian era bambino, parroco di Bovalino era l’indimenticabile Padre Costante Dalli Cani che educò i suoi "ragazzi" (centinaia) al senso della legalità, al rispetto delle regole che rendono civile una comunità, alla spiritualità più genuina del vivere da autentici cristiani. Una realtà che continua con l’attuale parroco Padre Giuseppe Castelli, francescano come il suo predecessore. Molti di noi la lotta alla ‘ndrangheta la fanno in silenzio, senza passerelle televisive, facendo scoprire non solo ai nostri figli il profumo della libertà, che non conosce compromissioni di sorta, così come non si può  cancellare la genuinità della fede popolare della gente di Calabria con dibattiti spesso superficiali e faziosi. Questa terra-madre ci appartiene nel  bene e nel male, attende sempre di essere alvarianamente parlata e per noi rimane, per dirla con Leonida Repaci, una categoria morale e non un’espressione geografica.