L'ANALISI. La politica, la sinistra e il Centro autonomo che non c'è

L'ANALISI. La politica, la sinistra e il Centro autonomo che non c'è
L’anno che verrà si è di nuovo aperto con un tormentone degno dei più bei tempi delle canzoni di spiaggia di anni fa:
come costruire un centro nello schieramento politico italiano? Fiumi di parole e di inchiostro attorno a un tema
che in verità appassiona molto gli addetti ai lavori (il 18 gennaio addirittura ben due convegni in contemporanea sul
tema, a Milano e ad Orvieto) ma non sappiamo quanto i cittadini. 
Giorni fa, i giornali hanno riferito queste parole di Romano Prodi, nel corso di un importante convegno tenutosi in
Vaticano: “Per la verità, io ho sempre pensato che fosse meglio una coalizione per tenere insieme culture diverse. Il
ritorno a un ‘mono-partito’ che punti da solo alla maggioranza degli elettori potrebbe anche essere un pio desiderio, ma ormai non esiste in nessuna parte d’Europa. Come fai a pensarlo?”.

Il prof. Antonio Floridia, noto politologo tosco-siciliano, gli ha risposto con queste altre parole assai abrasive: “Alla
buon’ora, caro Prodi! come mai allora, a suo tempo, è stato avvalorato il progetto del nuovo PD come partito a
“vocazione maggioritaria”, “erede” dell’Ulivo? Ma l’Ulivo, appunto, era una coalizione, non un mono-partito!’’.
Queste parole di Prodi segnalano in ogni caso un nodo strategico ancora irrisolto nel PD: la prassi e le scelte che
sta facendo Elly Schlein stanno ridefinendo la posizione del PD come di un partito di sinistra, ma questa prassi e queste scelte non vengono apertamente teorizzate e motivate, chiarite e discusse. E così, pochi giorni fa, in un’intervista al Domani” Pina Picierno, vice-presidente del Parlamento Europeo, ripropone ancora una volta, pari pari, il vecchio discorso sulla “vocazione maggioritaria” del PD, palesando peraltro la propria aperta diffidenza verso l’ipotesi di una “gamba moderata” del centro-sinistra (col trattino): “il Pd non deve appaltare all’esterno il dialogo con i moderati. È la vecchia idea di D’Alema, oggi di Bettini. Ma è sbagliata. Il Pd ha una vocazione maggioritaria, è nato per tenere insieme culture diverse. Oggi abbiamo una leader che “copre” benissimo a sinistra, ma non è sufficiente: è necessario dare voce anche a chi ha un pensiero diverso e complementare: tutti insieme siamo il PD”.

“Tenere insieme culture diverse”: certo, era questa la missione del PD, ma in che senso? Usiamo ancora Floridia: ‘’si dovevano unire – risponde il prof - culture democratiche e di sinistra, con le radici nella tradizione socialista e
comunista italiana, nel cattolicesimo democratico e sociale, nella tradizione laica-azionista, e poi le nuove culture dell’ambientalismo e del femminismo. Ma tutte, comunque, culture della sinistra del nostro tempo. Non un partito in cui dovessero convivere (malamente, come i fatti dimostrano) un “centro moderato” e una sinistra esangue e
pacificata. Il Pd è entrato in crisi perché voleva recitare tutte le parti in commedia: ma non ha funzionato, non ha
parlato al centro, e ha perso a sinistra. E se ora si sta riprendendo è solo perché sta riconquistando un profilo più
netto di sinistra. E quando Elly Schlein si muove con spirito unitario, senza l’arroganza dell’autosufficienza (e il PD
viene premiato elettoralmente anche per questo) lo fa nel solco delle megliori tradizioni della sinistra italiana. Per
questo, ben venga una nuova aggregazione di “centro” che guardi e sia ancorata a sinistra’’.

Ma il vero problema è chi e come possa riuscirci a metterla su. Assetto bipolare non significa necessariamente “assetto bipartitico”. È stata questa la  grande illusione di una stagione della politica italiana, quando si teorizzò la “vocazione maggioritaria” del nuovo PD, opposto al Popolo delle libertà di Berlusconi. Non ha proprio funzionato, è evidente. Altra cosa è pensare ad un’articolazione di ciascuna coalizione, con componenti più o meno di sinistra e destra, o moderate. In questo caso, un “centro” ha un senso e uno spazio se, da un lato, sceglie di ancorarsi saldamente ad una parte e, dall’altro lato, si caratterizza per una complessiva attitudine moderata o pragmatica ma senza alcuna ambiguità e senza trasformismi. La verità è che solo con un sistema proporzionale ha senso parlare di un “centro” che non sta “né con la destra né con la sinistra” (salvo poi allearsi o con l’una o con l’altra). Con un sistema maggioritario, o comunque con sistemi ibridi come quello attuale in Italia, che costringono alla formazione di coalizioni preventive, si crea invece un fortissimo incentivo ad una struttura bipolare. Non esiste, dunque, uno spazio autonomo per il “centro” e chi ci prova, è la storia a dimostrarlo, si condanna all’irrilevanza.