"Berlinguer - La grande ambizione" è un film del 2024. Il film è diretto da Andrea Segre ed interpretato da Elio Germano. Il film è incentrato sulla vita del segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, a 40 anni dalla morte.
È il più recente tra i film su Berlinguer, iconica figura della sinistra democratica italiana e mondiale. Solo nel 2024 bisognerebbe ricordare: Prima della fine - Gli ultimi giorni di Enrico Berlinguer, con la regia di Samuele Rossi, uscito nelle sale nel Giugno 2024. E poi Arrivederci Berlinguer! un film documentario ancora del 2024, diretto da Michele Mellara ed Alessandro Rossi. Risalendo a 10 anni prima, bisogna ricordare Quando c'era Berlinguer, un film documentario del 2014 diretto da Walter Veltroni. Nel film, Eugenio Scalfari, riferendosi a Berlinguer dice: Era il massimo di quello che un democratico può desiderare.
Tornando a la grande ambizione, molto si è detto su questo film. Innanzitutto che è il primo film su Berlinguer che prova ad uscire dai canoni dell’esame filologico e documentaristico, almeno in alcune sue parti. Il film analizza il periodo che va dall’attentato a Berlinguer del 1973 al rapimento di Moro del 1978. Periodo drammatico per la ancora giovane Repubblica Italiana. Pochi commenti da fare sulle parti di documentario, la cura posta dal regista e le sue capacità di ricostruzione storica sono una garanzia della qualità del risultato. Probabilmente lascia qualche perplessità l’assenza nel film delle componenti “miglioriste”, basti pensare solo al ruolo di Napolitano futuro Presidente della Repubblica, o a quelli di Chiaromonte e di Macaluso, grande spazio è dato invece alle componenti “operaiste” da Ingrao in poi.
Altre letture hanno fatto emergere perplessità sul fatto che il film si fermi al 78, lasciando irrisolto il problema del rapporto con le componenti laiche e quindi con i due governi Spadolini e con il governo Craxi, che furono alla guida del Paese tra il 78 e la morte di Berlinguer nel 1984.
Sono molto interessanti le parti non documentaristiche, dove il regista può uscire dagli obblighi della storia politica. Sono le parti dove Berlinguer è con la famiglia. Parti probabilmente discusse dal regista con i familiari: quindi o vere, o certamente verosimili.
Tra queste parti richiamiamo una discussione di Berlinguer con i figli dove enuncia il percorso che le forze economiche e sociali devono svolgere per passare dalla competizione economica tout court ad un rapporto nuovo tra competizione e collaborazione o cooperazione. Il rapporto tra competizione e collaborazione è diventato uno dei temi più importanti del dibattito politico ed economico a partire dagli anni 80 del secolo sorso ed è oggi ancor più attenzionato. Sentirlo enunciare da Berlinguer colpisce. Una prospettiva nuova per l’Italia e per il mondo proveniva dal leader democratico che aveva intuito un futuro possibile.
Questa prospettiva intuita da Berlinguer, questo percorso politico ed economico, questa proposta che un grande leader faceva meritano tanta attenzione. Il passaggio dalla cultura della competizione, da qualunque lato ci si trovi, a quella della integrazione tra competizione e collaborazione potrebbe essere una delle chiavi per ben comprendere la riflessione più avanzata fatta da Berlinguer. Dove agli estremi ci potrebbero essere le classi o i territori. Questa integrazione era stata varie volte tentata, basti pensare alle esperienze della Olivetti ad Ivrea, ma non aveva mai permeato il dibattito tecnico ed economico, fermo alla dicotomia competizione verso collaborazione. Con la competizione vista come motore unico dei processi di avanzamento tecnologico ed economico.
Il tema del rapporto tra competizione e collaborazione ha avuto varie declinazioni negli ultimi 40 anni, con alterne fortune e comunque sempre con il pensiero recondito che la competizione sia il motore vero. Esperienze recenti in settori economici storicamente competitivi, sembrano invece dare ragione ai sostenitori dell’integrazione tra competizione e collaborazione, e quindi tra gli altri a Berlinguer. Uno dei settori dove la competizione è più esasperata è quello marittimo ed in particolare il segmento portuale. Una competizione potremmo dire secolare, si pensi alle repubbliche marinare. Le compagnie di trasporto container prima decisamente gelose della loro autonomia, hanno iniziato a collaborare costruendo delle alleanze, oggi tanto forti da far preoccupare le agenzie antitrust.
La competizione tra i porti è ancora più forte. Si pensi all’interramento del porto di Savona, fatto nel XVI secolo dai genovesi. Tanti porti hanno cominciato a guardare ai porti vicini con altri occhi. Non più con quelli della competizione. Oggi questa competizione si sta trasformando in collaborazione e/o cooperazione. È nato il neologismo “coopetition”. La letteratura scientifica internazionale ha rilevato differenti livelli di collaborazione tra i porti. Il livello più forte è la fusione come quella tra i porti di Antwerp e Zeebrugge in Belgio, o quelle delle Autorità di Sistema Portuale in Italia, o quella tra i porti di Ningbo e Zhoushan in Cina. Sono state realizzate diverse forme di cooperazione, si possono ricordare: quelle cinesi del Delta River, facenti capo ad Hong Kong e del Delta Yang Tse tra Shangai e Ningbo-Zhoushan; quella dei porti dell’Ovest USA tra Seattle e Tacoma al Nord, e tra Long Beach e Los Angeles al Sud; quelle del Giappone tra Kobe ed Osaka; sino ad arrivare a quella tra Malmoe e Copenhagen.
Nel Paese, potremmo dire, del capitalismo più avanzato, gli USA, dove ci si attenderebbe la competizione più feroce, Seattle con Tacoma da una parte e Long Beach con Los Angeles dall’altra, si sono messi a collaborare. In Europa due porti, addirittura appartenenti a due Paesi diversi, la Danimarca e la Svezia, hanno deciso di unire le loro forze.
Il film su Berlinguer permette di leggere questa grande intuizione del leader democratico, se del caso la domanda sarebbe: fino a che punto sarebbe stato in grado di sviluppare questo processo? Rimane che passare dalla pura competizione alla competizione – collaborazione, costituisce il futuro: se si vuole un futuro con uno sviluppo sostenibile
*Università di Reggio Calabria