L'INTERVENTO. Con gli studenti a discutere di Calabria, pregiudizi e futuro

L'INTERVENTO. Con gli studenti a discutere di Calabria, pregiudizi e futuro
CON GLI STUDENTI A DISCUTERE DI CALABRIA E PREGIUDIZI
L’ altra mattina, tra una scossa di terremoto e un allarme (ma nulla di preoccupante per fortuna), ero in uno dei licei più importanti della Calabria, il Liceo Scientifico Siciliani nel centro di Catanzaro, per parlare con gli studenti del libro che ho curato sulla Calabria e i pregiudizi, che sta andando in giro in varie parti
della regione e che raccoglie il dibattito sviluppatosi sulle pagine anche di questo giornale sul tema. C’erano un centinaio di ragazze e ragazzi delle terze e delle quarte classi, i loro insegnanti, la loro dirigente scolastica, anche l’assessore alla cultura del Comune.

Ovviamente non starò qui a dirvi quello che detto io (lo scrivo quasi sempre su queste pagine e lo trovate nel libro) ma il senso del ragionamento durato due ore e passa che è stato quello di come si confrontano le giovani generazioni su questo tema epocale, dirimente e divisivo anche, per il presente e il futuro della nostra terra. In una ventina hanno preso la parola, avevano letto gli interventi presenti nel libro, hanno citato Talia, Curia, Smorto, Fiorita, Razzi ed hanno chiesto a me di dare delle risposte altrettanto epocali.

Tra due anni o meno dovranno decidere se restare in Calabria o andare a studiare in altre università italiane. Hanno in verità glissato sul tema, anche quando gli ho fatto l’esempio clamoroso di Mimmo Talia, calabrese della locride, studente e poi laureato e poi ancora docente ordinario all’Unical e oggi, come è noto, uno dei massimi esperti di intelligenza artificiale.

Molti hanno parlato di come si può cambiare la narrazione, di chi è la responsabilità se continua ad essere ancora la vil razza dannata dei tempi lombrosiani. Le ragazze soprattutto hanno messo in luce i cambiamenti culturali e le novità invece, e tanti si sono interrogati sul ruolo della ‘ndrangheta, sul peso e il ruolo della criminalità che offende il territorio ma che è più forte oggi al nord (ma nessuno lo dice,
ed hanno ragione). Vedono molta televisione, le serie tv e Gomorra su tutte: fa bene o male? O peggiora l’immagine del sud quel tipo di racconto?

Vecchia questione su cui non c’è risposta sufficiente a tagliare il discorso. Hanno paura (ma non tantissima perché non è chiaro quel che può accadere in realtà) dell’autonomia differenziata. Che è stata spiegata poco (non solo a loro in realtà). Hanno orgoglio, tanto, Alessio, ultimo a parlare, si è presentato
così: sono Alessio il terrone e faccio il quarto liceo. Tutti ad applaudire (anche io sia detto per inciso).

Quale è, al dunque, il senso di un confronto libero e senza schemi e senza rete con queste ragazze e ragazzi calabresi? Chi ci parla con loro, tranne scuola e famiglia nella migliore delle ipotesi? Chi davvero vuol capire del loro futuro, chiarirlo dove è possibile, indirizzarlo? Fare loro capire che non è il momento di gettare la spugna, che la Calabria di oggi non è quella dei tempi (ahimè lontani) in cui andavo pure io allo Scientifico? Che è meglio oggi e che non è mai vero che si stava meglio quando si stava peggio come i disfattisti da salotto preferiscono dire (a proposito: molti si sono chiesti se ai tempi di Borboni si stava
meglio di oggi nel Sud Italia. Ho detto loro di studiare bene la storia sui manuali di Rosario Villari e magari su uno degli ultimi saggi di Lucio Villari, da poco scomparso, ‘’Bella e perduta’’ sull’idea dell’Italia forgiata dai patrioti del Risorgimento).

E magari stare a sentire chi gli racconta invece quello che don Luigi Ciotti va dicendo da una vita ai lamentatori di professione, a chi non vede mai una luce e solo buio: non guardare quello che fa il tuo vicino di banco o di sedia o di ufficio. Fai tu, prima opera e poi vedi e magari critica. Se non si butta per un attimo il cuore oltre l’ostacolo non si va cioè molto lontano.

Giada alla fine mi ha chiesto: la speranza c’è o è tempo di emigrare? E, ancora, perchè avete fatto questo libro? Ho risposto così: perchè di speranza si vive se operiamo e facciamo, ognuno per la sua parte. E di inazione si muore. Sul resto lo sapremo solo vivendo. Applausi a scena aperta. Nel ricordo indelebile del mio vecchio Liceo Scientifico, lo Scorza di Cosenza!