Le piazze dal 22 settembre ad oggi, presenze e assenze. E le urne

Le piazze dal 22 settembre ad oggi, presenze e assenze. E le urne
"La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle’’. Sant'Agostino

Ieri per l’ennesima volta ci sono state centinaia di manifestazioni in tutt’Italia (bellissime quelle in tutte le città calabresi) su Gaza e la Palestina e tante sono le domande sul perché centinaia di migliaia di persone hanno sfilato in difesa del diritto del popolo palestinese, prendendo anche alla sprovvista un po’ tutti. Stesse scene del 22 settembre, ieri per lo sciopero generale della CGIL e USB e avantieri, con decine di manifestazioni spontanee in tutt’Italia. Vediamo oggi che accadrà a Roma, con manifestanti di tutt’Italia nella capitale. dopo quanto successo e sta succedendo da mercoledì sera con le navi a Gaza.

Una cosa è chiara: quelle piazze parlano e chiedono di uscire dalle nostre stanze e dalle nostre comode comfort zone per sporcarci le mani con un sentimento popolare che può anche non corrispondere perfettamente alle nostre idee e al nostro modo di intendere l’azione politica, ma che esprime una voglia di protagonismo libero e spontaneo che  potrebbe aprire nuove porte e indicarci inaspettatamente nuovi orizzonti. O si capisce questo o altrimenti nessuno si potrà poi lamentare se - nelle votazioni ad esempio di
domani e dopodomani in Calabria e poi alle prossime scadenze - alle piazze piene, come diceva qualcuno (Pietro Nenni, dopo la sconfitta alle elezioni del 1948 tanti anni fa), corrisponderanno urne vuote. Il 10% in meno di elettori nelle Marche rispetto alle precedenti regionali è un dato di assoluto allarme di cui parlano in pochi però. Il voto calabrese di domani e dopodomani potrebbe dirci in proposito molte cose.

È finita, in ogni caso, l’epoca in cui in Italia si votava in massa. Oggi ci troviamo di fronte a percentuali di partecipazione sempre più basse, come accade in molti altri Paesi occidentali. Un italiano su due non va più alle urne, e da qui nasce gran parte della crisi della politica e dei partiti. Viviamo una fase di recessione democratica, in cui l’architettura istituzionale viene messa in discussione da un’ondata di populismo e sovranismo, da un’idea di chiusura autarchica che attraversa l’Europa e il mondo: basti pensare a Orbán, Le Pen, Trump. 
Nessuno, intanto, si aspettava - come detto - una partecipazione così massiccia in questi giorni e settimane, nessuno pensava che i sindacati di base e poi la CGIL riuscissero e muovere tante coscienze. Tante ragazze e ragazzi. Soprattutto nessuno immaginava che quelle piazze si sarebbero colorate delle magliette dei sorrisi dei bambini e delle loro famiglie. È come se l’indignazione avesse trovato alla fine uno sbocco naturale e lo spontaneismo avesse rotto gli argini senza rispettare le regole non scritte di una convocazione ufficiale di partito o di sindacato come accadeva in un tempo ormai lontano. È questa la vera novità: il popolo che si organizza a prescindere. Ci sarà modo di riflettere ancora su questo fenomeno che sembra scardinare, appunto, ogni ragionamento sul
sentimento popolare, ogni analisi sull’apatia, sull’indifferenza e sull’egoismo sociale che attraversano le nostre società, fattori che invece trasudano ancora nelle scarsissime partecipazioni alle elezioni, come il dato ultimo delle Marche conferma (e vediamo ora quello che accadrà domenica e lunedì dalle nostre parti). Il fatto certo è che quelle manifestazioni sono anni luce lontane dalla politica politicante e dimostrano che popolo e
potere agiscono su due livelli diversi, su due piani che sembrano non incontrarsi perché esprimono idee e passioni differenti. Meloni rifletta bene sul suo distacco da un sentire comune.

C’è, però, anche un messaggio per la sinistra e per il sindacato che viene da quelle manifestazioni e che proprio quella percentuale di non votanti nella Marche (dopo la
vergogna del 37,7% dell’Emilia Romagna) conferma in maniera plastica: non siete in grado di capirci fino in fondo, non sapete interpretare i nostri sentimenti, vi perdete in mille rivoli e non riuscite più ad accogliere il popolo che protesta, sembrano dire i partecipanti ai mille cortei. E dunque quando si tratta di esprimere un voto è tutta un’altra partita.

Ad esempio: il problema del Pd è che, mentre succede tutto questo e le persone cercano le vie per esserci, invece di andar loro incontro una sua parte non irrilevante si preoccupa di discutere del tasso di riformismo che non c’è e che dovrebbe esserci, mettendo in discussione una leadership considerata troppo “movimentista”. E dopo le Marche è ripreso, il giorno dopo, il solito teatrino di critiche e mal di pancia, non curanti che domani e dopo si vota in un’altra regione (cioè la nostra)! Puro tafazzismo!

In ogni caso il distacco tra quel dibattito autoreferenziale dentro e fuori il Nazareno e la realtà di un paese in cerca di autori sembra abbastanza evidente. Ma anche la Cgil deve
interrogarsi (non basta certo quella tardiva autocritica fatta da Landini e la proclamazione dello sciopero generale di ieri) sul perché ha perso l’occasione di esserci quel 22 settembre, benché molti suoi iscritti c’erano in quelle piazze. Perché in tanti sono andati e stanno andando in piazza, per chiedere, semplicemente e con chiarezza, la fine del genocidio compiuto da Israele e il diritto dei palestinesi ad avere una loro terra, un loro Stato e un loro
futuro di pace? Perché è così faticoso mobilitare il popolo sulle questioni sociali e del lavoro ed è invece più facile, e anche più spontaneo, farlo su temi che pure riguardano i temi identitari della sinistra e del sindacato? Dalla Calabria, solita ad andare in controtendenza con quanto avviene a livello nazionale, attendiamo perciò lumi su queste semplici domande. Buon voto a tutti.
Ma votate tutti, mi raccomando!