REGGIO. Alitalia e il brutto pasticcio dell’aeroporto Minniti/1

REGGIO. Alitalia e il brutto pasticcio dell’aeroporto Minniti/1
alitalia    UNO. L’8 marzo Alitalia è uscita allo scoperto sull’aeroporto Minniti. Con un comunicato in esclusiva a Repubblica.it ha annunciato che “Dal 27 marzo” avrebbe cancellato “i 56 voli settimanali da e per Roma Fiumicino, Milano Linate e Torino (38 voli con Roma, 14 con Milano e 4 con Torino)”. Alitalia avrebbe cercato per oltre un anno “un’intesa con le autorità locali e regionali” per non chiudere con Reggio dove nel 2016 ha subito “una perdita di 6 milioni di euro”. Inutilmente.

La notizia è stata accolta dalle autorità politiche e amministrative (Roma, Catanzaro, Reggio) con un silenzio nervoso. La mattina del 9, dopo averci dormito su, è scattato il rito delle dichiarazioni. All’inizio, per respingere qualsiasi responsabilità dei dichiaratori scaricate per intero sui propri nemici. Via via il flusso s’è ingigantito diventando cattivo, aggressivo, violento. Ma soprattutto è diventato confuso e incomprensibile mentre sui social fioccavano giudizi il più delle volte strampalati. L’opinione pubblica (anche quella che l’aereo non l’ha mai preso) ha cavalcato la vicenda per scaricare il malessere diffuso che si percepisce in Calabria e nelle sue città inquiete. L’oggetto dello sgomento (l’aeroporto) è sparito. Popolo e opinione pubblica si sono avventati contro i politici (senza distinzione) che in Calabria e a Reggio non si capisce mai da chi sono stati votati dato che il popolo, in blocco, li detesta e li insulta (talvolta a ragione) ogni volta che può. Risultato: nessuno ha capito come stanno le cose. Soprattutto s’è chiusa, ancor prima di aprirsi, la discussione su come Reggio e la Calabria, oggi e in futuro, dovranno affrontare e risolvere (tutte, non solo quelle aeree) le difficoltà d’accesso (cioè l’andare e venire di uomini e merci tra la Calabria e il mondo), difficoltà che c’inchiodano nella marginalità.

DUE. Nessuno s’è chiesto se nel documento Alitalia, e nella modalità della sua diffusione, ci sono punti per capire meglio. Eppure il gesto clamoroso (un comunicato diffuso in tutta Italia attraverso Repubblica.it anziché una comunicazione alle autorità calabresi) lascia immaginare un caso limite (che forse limite non è) in cui Alitalia si sente forte e giudica i suoi interlocutori deboli. Chiara l’intenzione di aprire una questione di fronte all’Italia, non alla Calabria. Perché? Nessuno può essere così ingenuo da non capire che Alitalia, sull’orlo del disastro, utilizza Reggio per dimostrare che quel disastro ha anche responsabilità esterne alla storia del proprio management e ai privilegi concessi al proprio interno. L’affermazione secca di un passivo di 6 mln è un modo, certo, per bussare a quattrini ed estorcerli, ma anche un preciso j’accuse: la colpa se chiudiamo non è nostra.

TRE. E qui si arriva al punto cruciale accuratamente scansato da tutti: da cosa è determinato un passivo così alto per un numero così irrilevante di voli (56 settimanali tra arrivi e partenze)? Perché ogni volta che un aereo Alitalia tocca il Minniti per decollare o atterrare si perdono oltre 2000 euro? La compagnia lancia in modo spavaldo una sfida dicendo di aver proposto soluzioni ma di aver trovato muri e chiacchiere della Calabria. Di più. Aggiunge che “nonostante la collaborazione del governo” (di Roma, ndr) e i “ripetuti tentativi di Alitalia” tutto è caduto nel vuoto perché “nessuna risposta concreta è arrivata dalle competenti autorità locali, rendendo pertanto inevitabile la chiusura delle rotte".

Quindi, Alitalia dice di essere costretta ad andar via per colpa delle “autorità locali”. Nessuno in Calabria, dove siamo bravissimi, faccia il furbo: Alitalia attacca tutte le “autorità locali”: quelle di prima e di ora. Domanda: sono state le “autorità locali” a provocare un così pesante passivo: circa 17mila euro per ogni giorno che manda dio senza riposarsi neanche la domenica? Bisogna riconoscere che un dato inquietante c’è: Alitalia attacca a testa bassa “le autorità locali” e loro invece di reagire a muso duro (non accampando diritti ma facendo conteggi) bisticciano tra loro su chi ha più peccato legittimando così l’ipotesi che il passivo dipenda non solo da Alitalia. Nessuno ha chiesto: come si è accumulato un passivo di 6 mnl di euro? E’ incredibile, ma non ci sono curiosi tra lo Stretto e la Sila.

QUATTRO. 56 voli per 52 settimane fa 2912 voli l’anno. Dal Minniti sono passati 450mila passeggeri (in perdita rispetto al mezzo milione precedente!), per oltre il 90% con Alitalia. Quindi la media di passeggeri per ogni volo è stata altissima: oltre 150 a volo. Alitalia sempre piena (con tariffe prive di pudore) perde quattrini: come diavolo ci riesce? Sia chiaro: credo che Alitalia dica la verità quando ci sbatte in faccia 6 mln di passivo. Viene però difficile capire perché, e perché Alitalia scarica la responsabilità sulle “autorità locali”. Se non sono i voli a causare la voragine (e se non s’imbroglia sul numero dei passeggeri) qual è la gigantesca spesa che (a terra?) azzoppa Alitalia? E’ la struttura che si è data nel tempo, magari anche su spinte e sollecitazioni clientelari dei potentati locali, a metterla strutturalmente in ginocchio? Se stanno così le cose dobbiamo ragionare su un nodo che distorce la funzione dell’aeroporto da struttura di trasporto a strumento clientelare. Se è così andrà tagliato il nodo e non soltanto ripianando il passivo. Serviranno scelte per impedirne il riformarsi. Alitalia è in queste condizioni? E se ha accettato quelle spinte, se ci sono state, in cambio di cosa e perché? E’ il chiarimento necessario per garantire alla città un serio collegamento aereo e per espanderlo. Tutto il resto è, al momento, inutile chiacchiera. Alitalia deve dirci se la chiusura annunciata significa la scelta di chiudere per poter licenziare tutto e tutti risanando in questo modo un po’ ignobile inconfessabili scialacqui pregressi.

CINQUE. Non possiamo accontentarci di guadagnare qualche altro mese. Bisogna fare emergere tutte le criticità nascoste dietro il documento di Alitalia e la guerriglia che s’è scatenata tra parti contrapposte che nasconde e confonde anziché chiarire. E’ la condizione per assicurarci il futuro. La sensazione è, invece, che in questa vicenda ci sia un fondo oscuro e limaccioso di complicità e silenzi che viene nascosto alla città che avrebbe diritto, al contrario, ad un’informazione chiara oggettiva verificabile.