CASO REGGIO. Pazzano: la soluzione per il Comune? Tutti a casa

CASO REGGIO. Pazzano: la soluzione per il Comune? Tutti a casa
(ReP) Il ritratto di Reggio è una palude. Lo è da tempo. Un’immagine che viene dalla totale assenza di un dibattito politico, dal bassissimo livello della cultura politica che, in una città impantanata, si limita alla
conservazione dello status quo come linguaggio comune. L’ho detto mesi fa, lo ripeto: amministrare la
palude significa trarne consenso, muoversi tra la folla di postulanti e clienti, non toccare le rendite di
posizione, investire sul personalismo, ridicolizzare il dissenso. Oggi queste considerazioni mi sembrano semplicemente un’anticipazione di quanto emergerebbe dall’inchiesta Ducale. Non entro nel merito della vicenda giudiziaria, perché nella piena separazione dei poteri è necessario che la Politica faccia ciò che è nelle sue funzioni: però deve farlo! E non lo fa.

È davvero pochissima cosa stare in silenzio per rispetto dell’azione inquirente o, al massimo, ricordare che ci sono tre gradi di giudizio. Lo sappiamo, ci mancherebbe, altrimenti presteremmo il fianco al populismo d’accatto o alle strumentalizzazioni da perenne campagna elettorale. Questo è il fondamento del garantismo, ma non può assolutamente essere un alibi per non parlare, ragionare, confrontarsi.
La vita della città è in pieno stallo, non ci sono gli elementi per proseguire! Non c’è una vita di consiglio
comunale, non c’è un fermento di riflessione, non c’è un’analisi della crisi, non ci sono chiarimenti alla città. Si va avanti come niente fosse, ma tutto si limita a qualche lavoro pubblico, a qualche lampo di
inaugurazione come se una città potesse essere questo, come se questo fosse amministrare, come se
questo giustificasse l’essere stati eletti.

E questa amministrazione? È chiaro che si debba finirla qui, non ci sono i margini per aggiustare, mancano i contenuti per proseguire, le istanze collettive -prima fra tutte quella di un franco confronto con la città su quanto succede- non sono neanche in agenda, il consiglio comunale non possiede la vitalità per affrontare la situazione se non nel solito teatrino di sponde e correnti, il garantismo non può essere una ragione sufficiente per proseguire una perenne e agonizzante sospensione politico-amministrativa, la città non merita di partecipare alla possibilità di uno scioglimento. 

La maggioranza dovrebbe dire Basta. Senza dare patenti di responsabilità o irresponsabilità è chiaro che lo scenario per Reggio non è buono e che, comunque vada, la politica della città resterà stagnante. Per cui azzerare è un atto di cura a cui persone libere dovrebbero guardare con coraggio. La stessa vita delle commissioni è addirittura imbarazzante mentre la reale azione politica è assente, mentre si aspetta di capire quel che succede. Nel frattempo, e finché la situazione non sarà chiarita con la Associazione politico-culturale “La Strada”, sede sociale via Filippini n. 12– 89125, Reggio Calabria  C.F.: 92110660807; e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; pec: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; sito internet: www.la-strada.it determinazione o l'esclusione di una commissione di accesso, almeno con un confronto pubblico, una riunione consiliare, non sto partecipando e non parteciperò alle riunioni di commissione.

A qualcuno interessa di Reggio? La città ha tempo di aspettare i tre gradi di giudizio? Ha tempo di attendere la chiusura delle indagini? La città merita di alzare la testa ora, non può continuare a sopravvivere nell’attesa dei destini personali che passano come destini collettivi; non può continuare a sopravvivere nell’attesa di sapere se vi sarà una commissione di accesso, se ci sarà uno scioglimento.

È ora il tempo delle prime risposte alle prime domande. Domande che, fuori dal piano giudiziario o dalle eventuali rilevanze penali, sono le domande che la Politica dovrebbe farsi.
1: a Reggio il voto è libero?
2: come costruisce il consenso la classe dirigente reggina?
3.: come le cordate, le camarille influenzano l’azione amministrativa?
4.: in un contesto economicamente disagiato, chi sono i portatori di voti a cui candidati e gruppi politici si
rivolgono e come fanno a disporre dei voti (addirittura centinaia se non di più) di altre persone?
5.: chi può decidere di decine o centinaia di voti a che titolo lo fa, quali interessi e attraverso quali forme
pubbliche rappresenta le istanze? Quale ritorno ha?
6.: qual è la linea di demarcazione che separa la dinamica del favore e del bisogno dalla subcultura mafiosa e come si fa campagna elettorale, come si governa, come si fa opposizione, in questo contesto?
7.: si può fare politica diversamente a Reggio Calabria, e vincere?
8.: ma davvero c’è qualcuno che crede che, passata questa amministrazione, il problema sarà risolto o,
piuttosto, non sarà lo stesso problema con casacche diverse?
9.: davvero il mondo progressista, i partiti, primi fra tutti quelli di maggioranza, i movimenti, le associazioni possono omettere di avviare ora e pubblicamente una riflessione su quanto accade e limitarsi a legare il futuro della città agli esiti delle indagini o alle vicende personali?
10.: nell’assenza di un dibattito nei partiti, i comitati elettorali si sostituiscono o no all’azione politica? A
quali rischi espongono la Politica?

C’è una vicenda collettiva che si staglia, su sfondo di palude, nella sua evidenza. La città è totalmente
ferma, scorata, rassegnata. Una città così è destinata semplicemente a consegnarsi al prossimo padrone,
travestito da cambiamento.
Se i partiti e i movimenti non sapranno rinnovare e selezionare una classe dirigente capace di escludere chi promette pacchetti di voti; una classe dirigente che sia capace di abbandonare e superare metodi e
approcci di governo da occupazione feudale; una classe dirigente capace di aggredire in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche, allora si tratterà solo -commissione d’accesso o meno- di passare da una brace all’altra.
È un percorso che evidentemente non c’è, non c’è stato e che si pone come urgente, una fondamentale
emergenza di giustizia sociale.