L'INTERVENTO. La Schlein, i satrapi e la paralisi del Pd

L'INTERVENTO. La Schlein, i satrapi e la paralisi del Pd
La pre-campagna elettorale per le prossime regionali è stata caratterizzata da un improvviso
cambiamento di linea della segretaria del Pd sulle vicende interne al suo partito.
Come giudicare il comportamento della Schlein che oggi consente ai due satrapi meridionali cose
impensabili fino a tre mesi fa? Ad uno (De Luca) addirittura promuove il figlio a segretario
regionale, all’altro (Emiliano) permette di tenere sotto scacco Antonio Decaro, come se gli si
riconoscesse il diritto feudale di continuare a dare lui le carte in Puglia. La segretaria del Pd
sembra arrendersi sul punto più importante che le ha permesso, contro ogni previsione, di
sconfiggere Bonaccini e tutta la nomenclatura del Pd, cioè il rinnovamento radicale di un partito
che era a rischio di estinzione. Come può una persona che vince contro i cacicchi promuoverli a
registi delle prossime elezioni regionali e addirittura ad accettare la famiglia come criterio di
selezione dei dirigenti?

Eppure, finora la segretaria del Pd non aveva fatto male, anzi. Aveva riportato il Pd dentro la
tradizione della socialdemocrazia europea facendo del salario minimo, della lotta ai lavori precari,
dell’assistenza ai senza reddito temi identitari della sinistra italiana, accanto alla battaglia sulle
scarse risorse destinate alla sanità e alla scuola. Sul tema delle guerre era stata attenta a non
lasciarsi travolgere dal bellicismo e dall’atlantismo esasperato del vecchio gruppo dirigente del Pd.

Testardamente aveva insistito sull’asse con i Cinquestelle, ricordando che senza questa alleanza
sarebbe stato irrealistico battere le destre e tornare al governo del paese. Per le prossime elezioni
regionali ha costruito un asse forte con Conte, Bonelli e Fratoianni nonostante i tanti ostacoli posti
dagli orfani del terzo mandato. Ma è sul rinnovamento radicale del Pd che la Schlein sta fallendo
clamorosamente. Certo, in questo momento c’è un buon clima tra le varie correnti interne al Pd
che un tempo l’hanno sbeffeggiata, ma questa convergenza si regge solo su di una incredibile
filosofia politica: per cambiare, bisogna rinviare il cambiamento; per sconfiggere i clientelari e i
signori delle tessere, bisogna promuoverne i figli e i famigli; per riportare al centro del dibattito
nazionale la questione meridionale, bisogna allearsi con il peggiore Sud che il Pd abbia mai
espresso. Perché mai la Schlein fa un errore così grave: mettersi apertamente contro le ragioni e
le persone che l’hanno portata ai vertici del Pd? Cosa mai potrà dire di credibile ai giovani che
vogliono avvicinarsi al Pd se si premia chi ha solo il merito di essere “figlio di”? C’ è un esempio del
genere nella storia del Pci, della Dc, della Margherita, dei Ds e del Pd? Che, cioè, sia eletto
segretario regionale il figlio del cacicco che si voleva cacciare?

Provo a dare qualche spiegazione razionale a un comportamento che sembra esserne privo. La
famiglia De Luca ed Emiliano sono alleati di Bonaccini, Guerini, Serracchiani e godono
dell’ammirazione di Bettini, Bersani e compagnia. È molto probabile che tutti loro l’hanno convinta
che la vittoria alle regionali e la pace interna sono più preziose della lotta per il rinnovamento del
Pd.

Ai capicorrente non importa la qualità dei loro alleati ma la loro capacità di procurare tessere e voti
nelle competizioni interne. Ma se gli spregiudicati sono merce preziosa tra i maggiorenti del Pd,
perché anche la Schlein si fa catturare da questa logica? L’unica spiegazione possibile è questa:
nella storia, grande e piccola, i peggiori sono sempre sopravvalutati. Il difetto delle persone
perbene non è la sottovalutazione dei prepotenti ma il timore esagerato della loro forza.
Convincendosi che sono imbattibili, si dà una giustificazione alla propria paura di perdere per
eccesso di intransigenza. E quando si arriva a considerarli “insostituibili”, comincia una cauta
ammirazione, che rafforza la voglia di cedere “al lato oscura della forza” Questo comportamento lo
si chiama realismo, ma più delle volte sconfina con il trasformismo. È il fenomeno degli
intransigenti che transigono, di cui è piena la storia politica italiana.

Per valutare se siamo di fronte a una scelta di dialogare con De Luca ed Emiliano per sano
realismo o per cedimento incauto, bisogna analizzare le condizioni date. Anche in Campania si
può vincere senza De Luca, che nell’ultimo anno viene da una serie di sconfitte, tra cui la
bocciatura della legge sul terzo mandato. Ha puntato sulla ridicolizzazione dei Cinquestelle e si è
trovato fuori gioco. I suoi consensi sono nettamente calati e molti lo stanno abbandonando. Tutti i
sondaggi indicano che non potrebbe impedire la vittoria di Fico. Paradossalmente De Luca regge
in questa fase grazie al ruolo che gli stanno concedendo, non per forza sua.
Sopravvalutando De Luca ed Emiliano, la Schlein butta a mare tutta la sua credibilità.