
I soliti protagonisti dell’inner circle dell’antimafia liquida non hanno perso tempo nel magnificare e lodare il progetto papale. Tutti pronti a sostenere, con qualche ipocrisia di troppo, che la scomunica segnerebbe addirittura una svolta nella lotta alle mafie, agevolandone una sconfitta invero mai annunciata da alcuno. A questo proposito ci sono due precisazioni da fare.
La scomunica avrà un’incidenza notevole, ma non in Italia. La Chiesa lo sa bene che quel messaggio non si rivolge alla mondana e consumista società del nostro Paese, ma alle comunità sofferenti dell’America latina, dell’Africa, delle Filippine dove la corruzione sta divorando le basi stesse delle collettività e conducendo milioni di persone ai margini della vita stessa verso una morte per miseria.
Da questo punto di vista la scomunica papale segnerebbe un mutamento di direzione davvero importante. Segnalerebbe al mondo, ai potenti del mondo, che se le risorse pubbliche e private non vengono amministrate con onestà e trasparenza, i diseredati, costretti dalla disperazione, dovranno mettersi in marcia verso luoghi in cui poter sopravvivere con un minimo di dignità. Le politiche antimmigrazione sono essenzialmente politiche anticorruzione. Tutti lo sanno, ma nessuno lo dice. Il fair play diplomatico obbliga premier e ministri occidentali a stringere la mano a fior di farabutti la cui corruzione è la causa scatenante dei fenomeni di migrazione cui assistiamo tutti i giorni. Le popolazioni sono portate alla fame da regimi corrotti cui i paesi occidentali destinano risorse che finiscono in banche estere e paradisi fiscali. La scomunica di papa Francesco sarà, a questo livello, davvero un punto di svolta. Traccerà, nelle terre in cui il messaggio di Cristo vive e si fortifica, una linea di separazione tra conferenze episcopali e potere, tra vescovi e leader. Metterà la Chiesa definitivamente dalla parte degli ultimi, senza mediazioni ed ammiccamenti.
Niente che riguardi l’Italia, come si vede. L’aggiunta della mafia è una modesta concessione che il papato è stato costretto a fare ad alcuni potenti vescovi italiani, preoccupati che la sola condanna della corruzione li possa porre in cattiva luce con le lobby politiche ed imprenditoriali del paese, almeno formalmente, intra ecclesiam. Una frase di monsignor Pennisi è emblematica: «Non tutti i corrotti sono mafiosi, ma tutti i mafiosi sono corrotti». Un segnale chiaro. Tra i corrotti ci sono i più corrotti. Un messaggio sbagliato, anche da punto di vista dell’analisi criminale visto che in Italia una «mafia bianca» fatta di politici e funzionari pubblici si è collocata in modo egemone addirittura sopra le organizzazioni criminali minacciandone il declino. Ma questo è un altro discorso.
*magistrato