Quei racconti di Dumas dedicati a Napoli nel 1815

Quei racconti di Dumas dedicati a Napoli nel 1815
Alexandre Dumas scrisse diversi racconti dedicati alla città di
Napoli e li raccolse nel 1835 nel libro Il Corricolo, che era il nome
del mezzo di trasporto che utilizzava per percorrere la metropoli
partenopea, che all’epoca era la terza d’Europa per numero di
abitanti dopo Londra e Parigi. Nel testo si racconta di un gesuita
che aveva elaborato un itinerario per attraversare tutta la città da
un estremo all’altro stando sempre all’ombra, così da sfuggire alla
calura e ai colpi di sole.

Il gesuita e la mappa erano inesistenti, così come la possibilità di
stare sempre al fresco percorrendo qualsiasi città del mondo,
immaginiamo Napoli, dove palazzi che fanno ombra ci sono, eccome,
ma scarseggiano parchi e viali alberati. Dumas abbinava santità a freschezza,
perché solo un santo poteva fare il miracolo di trovare un percorso del genere e,
arrivando all’oggi, solo un amministratore “fuori dal comune”
potrebbe provare ad avvicinarsi alla mappa del gesuita napoletano:
percorrere una città grande, piccola o media con un numero così
alto di viali alberati e di parchi pubblici da sfiorare l’obiettivo di
passeggiare godendo di un’ombra permanente e di trovare frescura
anche nei giorni più assolati.

Se, dunque, l’obiettivo “tutto all’ombra” è un’utopia, cambiare le
nostre città alberando ogni tratto alberabile è un programma
assolutamente realistico. Perché non lo si prova a praticare?
Le spiegazioni più semplici sono due: costa poco e in più non
risponde al convincimento ossessivo di qualsiasi amministratore
locale: è un fallimento un mandato amministrativo senza nuove
opere pubbliche realizzate, senza diverse autorizzazioni a costruire
nuovi appartamenti e ridurre lo spazio non costruito, senza
gigantismo edilizio così da lasciare in eredità ai propri concittadini
una dose massiccia di cemento. Questa “ediliziomania” degli
amministratori locali, questa bulimia da cemento non risparmia
nessuno, non c’è nessun confine tra destra e sinistra su questo
punto, nessuna percepibile differenza di impostazione nel governo
della propria comunità tra forze politiche contrapposte. Il cemento
è stato ed è il principale disintegratore dell’etica pubblica in Italia.

La mania di grandezza si respira anche nei piccoli comuni, dove i
sindaci vogliono lasciare il segno con nuove costruzioni,
azzerando gli ultimi spazi liberi: si sono trasformati anche loro in
specialisti del cemento. In Italia su 105 capoluoghi di provincia ci
sono in media 24 alberi ogni 100 abitanti. Ma anche in questa
classifica, le città del Sud sono agli ultimi posti. Perciò mi rattrista
leggere programmi elettorali pomposi, esagerati, spesso copiati,
che tutto propongono tranne che rispondere a esigenze elementari
della vita associata, come se occuparsi delle piccole cose
quotidiane fosse miserevole, limitativo, non degno della “grande
politica”. Ma al contrario non c’è cosa più dignitosa per un
politico (che vive in luoghi degradati) di prendersi cura con
amore, umiltà e dignità di quel degrado e riempirlo di verde, di
alberi, di parchi, di viali, partendo dalle piccole cose tra cui,
appunto, considerare la presenza di luoghi freschi come un bene
pubblico oggi essenziale.

Ho un consiglio da dare agli amministratori locali, soprattutto
meridionali: si ponga fine alla politica delle costruzioni di case che
hanno trasformato i nostri luoghi in caserme urbane, che “hanno
circondato l’ambiente più che esserne circondati” (per dirla con
Franco Arminio). E si preferisca nelle assunzioni un giardiniere a
un ingegnere. Si solleciti in ogni regione una sacrosanta legge
perché nessun altro metro cubo venga offerto alla speculazione
edilizia e si concentri tutto sul recupero del già costruito, eccezion
fatta per nuove scuole, asili, biblioteche e quanto strettamente
necessario per migliorare i servizi pubblici. Che bello se un
candidato sindaco scrivesse nel suo programma: farò della mia
città la più verde d’Italia, con più alberi che cittadini, più viali
alberati che condomini, più giardinieri che impiegati. Ci sarà mai
un sindaco che proverà a tracciare un percorso di attraversamento
della propria città tutto (quasi) all’ombra?