
Lì dove magari si passa tutti i giorni e dove nel racconto del pentito sembra di essere in un film ma invece siamo qui, praticamente a casa nostra. E fa impressione ancor più a sapere quello che in realtà sapevano tutti: cioè tutti tra commercianti e imprenditori pagavano e pagano il pizzo, come nelle più note capitali della mafia o della ‘ndrangheta, ma nessuno qui ha mai detto niente.
Catanzaro - questa la verità - non è un’isola felice. E’ forse solo un’isola. E manco quella…
Comunque, quell’affermazione è del procuratore aggiunto della Dda, Vincenzo Luberto, uno dei più stretti collaboratori di Nicola Gratteri, il quale Gratteri appena insediatosi giusto un anno fa di questi tempi al sottoscritto che lo intervistava in un’iniziativa del Progetto Gutemberg ebbe a dire di stare calmi quando si diceva o pensava che Catanzaro tutto sommato non era come Reggio o Locri.
Ovviamente aveva ragione lui.
Luberto nel corso della conferenza stampa dell’operazione interforze “Jonny” che ha disarticolato, con 68 arresti e 16 persone iscritte nel registro degli indagati, la cosca Arena di Isola Capo Rizzuto e i suoi interessi estesi fino Catanzaro e nelle zone limitrofe ha usato parole chiare e la corposa ordinanza dà ampie prove su come a queste latitudini si sia fatto come il classico struzzo: non vedere, non sentire, non parlare.
Gli Arena, scrivono infatti i magistrati della Dda di Catanzaro, «attraverso una cellula criminale operante proprio nella città di Catanzaro oltre a far avvertire la sua autorità criminale sulle articolazioni operanti nei territori prossimi al capoluogo e in particolare nella frazione Roccelletta di Borgia e in Vallefiorita», hanno cominciato a fare sentire la propria influenza sul territorio del capoluogo cominciando a diffondere la forza intimidatoria del proprio vincolo associativo nei confronti di commercianti e imprenditori. Gli inquirenti parlano di un «diffuso sistema estorsivo».
A delineare meglio i contorni di quanto stava accadendo nella “isola non felice” di Catanzaro sono arrivate nel 2016 le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Santo Mirarchi che aveva preso contatti con la cosca di Isola già nel 2009, nel carcere di Siano dove era stato associato. Gli Arena avevano bisogno di “referenti” e tra questi individuano Nico Gioffrè.
«Nico Gioffrè – scrivono i magistrati –, quale referente catanzarese della cosca isolitana aveva suddiviso la gestione criminale dei territorio della città di Catanzaro affidando la zona di Germaneto a Costantino Lionetti, la zona Nord della città di Catanzaro a Luigi Miniaci e Catanzaro Sud allo stesso Mirarchi. Ciascun avrebbe potuto muoversi liberamente per il compimento delle attività illecite, in particolare le estorsioni, nella zona di propria competenza, dovendo, però, mantenersi nell’alveo delle direttive impartite dai vertici della cosca Arena per il tramite dello stesso Gioffrè».
Le imprese catanzaresi erano tutte schedate. C’erano gli “intoccabili”, le imprese da proteggere perché già sottoposte a estorsione oppure perché gestite da soggetti «fungevano da anello di congiunzione e da collettori di tangenti tra gli imprenditori estorti e la cosca stessa". C’erano poi imprenditori più grossi, alcuni compiacenti, altri destinatari di specifici atti di intimidazione, i cui proventi andavano tutti nelle casse degli Arena : pagavano insomma tutti ma il questore Amalia Di Ruocco ha riferito di avere chiesto ai propri investigatori quali di questi commercianti e imprenditori vessati avesse sporto denuncia contro le estorsioni subite: nessuno, e’ stata la lapidaria risposta. Non avevano denunce. Questa signori e' l'isola felice.