L’ANALISI. Il caso Malacrino, il catanzarese che ha fatto volare il Museo di Reggio

L’ANALISI. Il caso Malacrino, il catanzarese che ha fatto volare il Museo di Reggio
mrc  Vorrei dire ai dipendenti del museo di Reggio che hanno diffuso un bel documento, di farsi coraggio: la situazione non è grave ma soltanto ridicola (che Flaiano ci perdoni). Riassumo. A Reggio città, dove c’è il Museo archeologico Nazionale, era arrivato un direttore del Museo che è di Catanzaro. Un’anomalia? No, una buona notizia a quasi mezzo secolo dai Moti. Buona notizia perché l’accoglienza del prof Carmelo Malacrino è stata di corale simpatia, segno che di strada se ne è fatta anche qui. Ma attenzione: quando Malacrino è arrivato nessuno in città sapeva se fosse veramente bravo quanto si diceva e solo dopo si è capito e visto (file di visitatori, soldi dei biglietti pagati, folla permanente nelle sale riorganizzate). Curioso. C’è un bel posto a Reggio, arriva a prenderselo uno di fuori, per giunta di Catanzaro, e nessuno protesta. Anzi, la città pare contenta. E’ un punto da capire meglio.

E’ legittimo ipotizzare che Malacrino sia stato favorito dalla diffusa percezione che (finalmente!) era stato vinto un concorso di altissimo livello senza gli sgabelli delle amicizie, dei compari, delle cordate del potere di quarta serie (il potere è sempre di quarta serie quando mette in mano a sprovveduti istituzioni di rilievo). Insomma, l’arrivo di uno che ha vinto un concorso vero senza trucchi e grazie alle proprie capacità ha tacitato tutti. Nella commissione internazionale che lo ha scelto in un concorso nazionale c’era anche una signora italiana di 40 anni, Claudia Ferrazzi, che proprio in queste ore è stata nominata, dal presidente della Repubblica francese Macron, responsabile (avete letto bene: responsabile) culturale (avete di nuovo letto bene) dell’Eliseo (lì non opera il Tar del Lazio e quindi quel grande paese può mettere il cuore della propria attività culturale in mani straniere, di una femmina per giunta, e di una femmina che è perfino italiana; e magari non s’incazza neanche la signora Le Pen!). Ecco perché all’arrivo di Malacrino a Reggio, dove ancora esistono tracce di un passato difficile e complicato, non ci sono state lamentele.

Ora però, per motivi difficili da capire, si scopre che uno di Catanzaro (forse) non è sufficientemente italiano, o è comunque troppo mescolato a concorrenti stranieri in un concorso che ha fatto scattare l’orgoglio del Piave dove al canto “non passa lo straniero” sarebbero stati bloccati gli austro-ungarici. E’ vero che si chiama Carmelo Malacrino, nome e cognome che più italo-calabrese non si può. Ed è perfino vero che il “Mala” di Malacrino richiama immediatamente all’immaginario collettivo dei luoghi comuni italiani la Calabria, dato che cosa più “Mala” in Italia non c’è.

Ma il mitico Tar del Lazio con una serie di argomentazioni, contestate dalla stampa di tutti gli orientamenti politici, ha bocciato Malacrino e altri 4 suoi colleghi. Soprattutto la sentenza ha aperto un rubinetto che dovrebbe rimettere in discussione un assetto artistico culturale (e turistico-economico) che ha fatto decollare il settore.

Il Tar ha deciso dopo due anni. Nessuno riesce a spiegarsi la lungaggine. Ma la lungaggine ha avuto una funzione chiarificatrice e il Tar va ringraziato per la sua lumacaggine. Infatti, in questi due anni i vincitori del concorso azzoppato dal Tar hanno rivoluzionato i Musei italiani togliendogli d’addosso la polvere e l’odor di muffa che si erano depositati su un patrimonio artistico e culturale tra i più prestigiosi del mondo che, oltre a fare poca cultura, costava risorse e non fruttava un centesimo di euro. Insomma, i dirigenti dei musei bocciati dal Tar sono stati bravissimi. Ed il sospetto è che successi e capacità siano risultati fastidiosi e decisivi, un pericoloso “fuori razza” in un paese che da un ventennio s’è agganciato alla mediocrità con la convinzione che la paralisi e il “non toccare che cade e si rompe” possa consentirgli di non annegare.

Certo, tanti piccoli commi interpretati e stiracchiati in un certo modo possono portare un Tar a queste decisioni. Ma altrettanti arzigogoli e “latinorum” possono portare a decisioni contrarie. Per questo la situazione più che grave è ridicola.

P.S. E’ molto bello il documento stilato dai dipendenti del Museo reggino che non vogliono accettare “che venga vanificato il lavoro portato avanti da due anni a questa parte sotto la direzione del direttore Carmelo Malacrino con enormi sacrifici e spirito di squadra”. Nel documento c’è la fierezza di chi è consapevole di avere contribuito a fare una cosa buona, un ottimo lavoro. Ed è vero. Ma siamo in Italia e non è impossibile che venga trovato un trucco per dar ragione al Tar e far tornare Malacrino e i suoi colleghi al proprio posto. L’importante è che il precedente dei direttori dei musei non diventi regola e non si stravolga il principio per cui i concorsi per le punte alte della dirigenza in Italia si fanno ma solo con la garanzia che si sappia prima chi vince e perché. Dove il perché non si riferisce al merito ma al legame con almeno uno strapuntino del potere (e non solo del potere politico ma di tutte le corporazioni che paralizzano il paese).