
Nello specifico il reparto di ortopedia, dove è attualmente ricoverato mio padre per una rottura del femore, insieme ad altri soggetti anziani, non riesce a gestire i ricoveri con la dovuta attenzione e premura, garantendo comunque un’assistenza di base a costo dei vari sacrifici del personale infermieristico, spesso costretto a turni impossibili.
Una settimana fermo in un letto con il femore spezzato, in attesa che si concludano i controlli per accertare se sia possibile operare, non è una condizione sostenibile, per una persona anziana come per ogni essere umano, giovane o vecchio che sia. Per questo concludo questo mio sfogo riprendendo quanto scritto all’inizio: chiudete tutto, inutile lasciare una struttura nominale, siamo stufi di pseudo diritti, di pseudo arterie stradali rimodernate o meno, di pseudo servizi ferroviari…
Basta! Iniziamo una buona volta ad alzare la testa e non demandare quanto ci spetta al solito uomo della provvidenza, inveterata abitudine espressa anche a livello nazionale, non accontentiamoci di “basta che ce sta o’ sole, basta che ce sta o’ mare”, pensiamo anche a quanti ospitiamo nei mesi estivi e a ciò che veramente offriamo loro, quale visione di “meraviglia incantata”…
Ho ancora negli occhi lo sguardo stralunato di due turisti francesi giunti qualche sera fa dal PS in un reparto ospedaliero che non poteva loro offrire opportuna assistenza, vista l’assenza dei medici… Riprenderci ciò che è nostro o continuare a maledire gli oltraggiosi strali lanciatici contro, solo in parte, da un destino cinico e baro?… Rimboccarsi le maniche per valorizzare finalmente con coerenza il nostro territorio, la nostra cultura, il nostro sapere e volere fare o lasciare il tutto immerso nella melma del clientelismo e della politica compiacente? Ecco il dilemma, cambiare drasticamente o lasciarsi dolcemente morire, persi nel nostro compiacimento auto assolutorio.
*giornalista pubblicista e critico cinematografico